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Una sfida nazionale

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Gli ultimi dati forniti da Istat non ci stupiscono più di tanto, sono la fotografia che da anni si ripropone del nostro paese:  natalità tra le più basse al mondo, perdita di popolazione e migrazioni dei giovani in aumento, alta aspettativa di vita accompagnata da un aumento di solitudine e paure nelle generazioni più anziane. Basterebbero questi punti per impostare sul serio una agenda di speranza per il paese che altrimenti sarà destinato al declino.

Nel 2024 sono nati solo 370 mila bambini, il tasso di fecondità per donna è sceso a 1,18, il numero in assoluto più basso della storia del nostro paese, le donne tra i 15 e i 49 potenzialmente madri sono scese di quasi 3  milioni. I figli non rientrano nel piano di vita delle persone e delle coppie, il 53 % di persone tra i 23 e 34 anni, ha dichiarato di non essere disposto ad avere figli nei prossimi tre anni. Un cambiamento profondo: la genitorialità non rappresenta più una dimensione della definizione d'identità e del benessere, non generare figli non è più una rinuncia difronte a difficoltà ma una scelta consapevole.

 

Nel frattempo, ogni anno perdiamo circa 280.000 abitanti,   in dieci anni oltre 400.000 giovani hanno lasciato l'Italia con una crescita degli espatri del 36,5% nel 2024, una emorragia di futuro e di speranza. È tornata ad aumentare la speranza di vita di cinque mesi, a 83,4 anni, seppur segnata nelle generazioni anziane dal timore di solitudine e di paura per il futuro.

Questo è il quadro del paese disegnato con poche pennellate, i dati di Istat ne offrono tante altre, interessanti e utili per capire la struttura demografica del paese di oggi e dei prossimi decenni,   il tempo minimo necessario per provare solo a modificarla. 

Come trarre qualche insegnamento che vada oltre le dichiarazioni troppo spesso altisonanti di tanta politica, di promesse e valori proclamati, ma solo proclamati? Impresa difficile ma non demordiamo. Siamo parte di una associazione di persone adulte e anziane, amiamo il futuro, il futuro nostro e soprattutto quello delle generazioni più giovani, dei bambini e delle bambine che devono ancora nascere o che giungeranno da altri paesi.

Per prima cosa, rovesciamo il paradigma secondo il quale parlare di natalità, di benessere, di anzianità è questione privata, legata ai valori della vita familiare che poco hanno a che vedere con l'economia, con il PIL, con lo sviluppo delle imprese. Non è così, la struttura demografica disegnata da Istat,   e già in essere, porterà al declino industriale, alla insostenibilità del sistema di welfare e  pensionistico. Non è una affermazione apocalittica, è un dato di realtà sgradevole finché si vuole ma è la verità delle cose. 

È dunque una sfida nazionale, un tema da porre in cima a tutte le agende politiche dei partiti di maggioranza e opposizione sulla quale trovare una unità di intenti che duri negli anni. Potranno cambiare governi e maggioranze ma questo asse strategico andrebbe perseguito negli anni, per decenni, se vogliamo modificare l'attuale tendenza demografica.

Se si sceglie di sostenere il futuro dei bambini che abitano e abiteranno il nostro paese va chiusa la stagione dei bonus o dei provvedimenti una tantum: i servizi per l'infanzia vanno moltiplicati e resi accessibili a tutti. I servizi per l'infanzia, è bene ricordarlo, sono anche buona occupazione, consumi di valore per le famiglie, aumento dell'occupazione femminile e della produttività dell'intera economia del paese.

Non solo, per invertire il trend, occorre dare benessere alla vita dei giovani e delle coppie: significa buon lavoro, più partecipazione e valorizzazione dei talenti, più flessibilità  e modelli organizzativi a misura di persona, retribuzioni giuste e oneste nonché la possibilità di accedere a prestiti senza dover chiedere a garanzia il patrimoni dei genitori e, finalmente, una fiscalità a misura di famiglia. Un paese in cui le famiglie con figli sono quelle a maggior rischio di povertà è davvero una vergogna che contraddice tutto il quadro valoriale della nostra Carta costituzionale.

Non ultimo, una buona politica per gestire l'immigrazione di  giovani provenienti da altri paesi, di  famiglie con bambini, che è bene dirlo non modificherà il crollo di natalità, potrà solo attenuarla. Quando inizieremo a parlare con più serietà di come governare con saggezza e prudenza il fenomeno migratorio? Esso continuerà a farsi presente per decenni perché siamo di fronte ad un fenomeno strutturale difficilmente eludibile.

 

 

(Crediti fotografici: iStock.com/ upixa)

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