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Un pensiero nuovo

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Si è molto discusso in questi giorni del blocco dei licenziamenti e, più in generale, su come affrontare l'emergenza lavoro e i sostegni da mettere in campo per imprese e lavoratori nel post pandemia. Il dibattito ha visto un confronto piuttosto animato dentro al Governo - con la mediazione finale di Draghi - , tra Sindacati confederali e Confindustria. Mi è parso che l'attenzione si sia concentrata ancora una volta sulla durata dei   sussidi  più che su nuovi meccanismi per creare lavoro e  aiutare i lavoratori, giovani e donne in particolare, ad entrare nel mercato del lavoro. E proteggere per davvero i lavoratori più fragili: sono già 1 milione le persone che hanno perso il lavoro senza alcuna protezione,  sono contratti a termine e di somministrazione,  lavoro  autonomo di monocommittenza, o quello perso nelle tante microimprese che hanno abbassato le saracinesche.

Non v'è dubbio che sulle politiche passive in Italia esistono strumenti sufficienti ancorché poco raccordati tra loro, tanto che da anni si attende una riforma organica sugli ammortizzatori sociali ora promessa dal ministro Orlando. Ma Il vero buco nero sono le politiche attive praticamente inesistenti o comunque inefficaci. Su questo passaggio vorrei offrire una riflessione critica e alcuni pensieri per il futuro. Negli anni abbiamo scelto, illudendoci, da una parte di aumentare i vincoli normativi per risolvere le criticità del sistema invece che migliorare le competenze e l'occupabilità di lavoratori e lavoratrici; e dall'altra di adottatare prioritariamente lo strumento del sussidio   per conservare posti di lavoro  obsoleti a scapito di azioni di    orientamento e formazione. Tra l'altro con una governance praticamente fallimentare. Dopo la riforma del 2001 del titolo V della Costituzione  le competenze sono state distribuite in gran parte alle  Regioni: a distanza di venti anni manca un raccordo tra istituzioni centrali e enti territoriali, tra operatori pubblici e privati, non esiste una rete informativa condivisa, in alcune parti del paese abbiamo assistito alla dilapidazione di risorse pubbliche in progetti locali di corto respiro. I risultati sono deludenti tanto che il tasso di disoccupazione in Italia è tra i più alti in Europa, sono aumentati i divari territoriali e di genere, è peggiorata la qualità dei rapporti di lavoro e falliti tutti gli incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato. In altri paesi europei (vedi la Germania) le politiche  attive hanno consentito al contrario di accompagnare l'evoluzione dei sistemi produttivi e la domanda di lavoro delle imprese, con interventi rivolti a favorite la occupabilità delle persone esposte alla obsolescenza delle professioni indotte dalle trasformazioni tecnologiche e organizzative. 

La sfida che abbiamo davanti a noi è passare dalla difesa del singolo posto di lavoro alla difesa della occupabilità dei lavoratori in primis attraverso la formazione e con politiche attive integrate con quelle di sostegno al reddito: uno scambio virtuoso tra diritti e responsabilità (ti aiuto se ti impegni a cercare lavoro) e di mobilitazione di nuove professionalità, non sono sufficienti gli assistenti sociali, né tantomeno i navigator. 

"Si tratta di una formidabile sfida... perché non è pensabile costruire un futuro sulla base di sussidi e incentivi pubblici. Siamo tutti chiamati a far sì che cresca e sia diffuso il benessere, siano adeguatamente protetti coloro che saranno più colpiti, chiari i costi da sopportare e progressivamente da ridurre": è un passaggio della Relazione annuale del Governatore di Banca d'Italia di alcuni giorni fa. Siamo un  paese che da decenni vive alla giornata e che rischia di perdersi: il clima di fiducia di queste settimane per i buoni risultati della campagna di vaccinazione ci auguriamo sia un buon viatico per   cercare ciò che ci unisce,  e affrontare i tanti gap presenti nel nostro paese, guardando al futuro ed evitando provvedimenti generatori di ingiustizia messi in atto per mancanza di conoscenza e competenza del mercato del lavoro in Italia. Il lavoro ha bisogno di un pensiero nuovo, di una produzione culturale che accompagni la trasformazione digitale e la svolta green, nuove competenze per un lavoro più creativo e partecipato. Su questo fronte la nostra associazione è pronta a dare il proprio contributo.

 

Crediti fotografici: iStock.com/violetkaipa

 

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