(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA). In questi giorni, dopo le vicende di Caivano e altri episodi che coinvolgono adolescenti e giovani, la questione educativa si è proposta nuovamente all'attenzione dei media. Le riflessioni di esperti, i contributi di politici, sacerdoti e di semplici educatori si sono moltiplicati su riviste e social in particolare. Ho letto davvero tanto e non vi nascondo che mi sono ritrovato con un po' di amaro in bocca. Il Paese sembra vivere da anni sull'onda delle emergenze, che siano vere o presunte le lascio al vostro giudizio. La parola "emergenza" la fa da padrona, chiama alla mobilitazione, produce politiche del "qui e ora", e slogan funzionali solo al battibecco social. Tutto è giocato sulle emozioni, sulle immagini ad effetto, sui reel che si susseguono su Istangram. E sulla pancia soprattutto, la parte metaforicamente più richiamata del nostro corpo: la nostra testa, il nostro cuore, persino i nostri sensi (tutti) sono accantonati e utilizzati per sfiorare la realtà, non per indagarla e per amarla davvero.
Siamo così tornati a parlare dei nostri adolescenti che si uccidono o uccidono per un video clip da postare; sulla violenza sui diversi, sulle ragazze in particolare, e persino sugli animali. Per non parlare degli episodi di stolkeraraggio sui professori a scuola e sull'uso di nuove sostanze.
Che risposta di "pancia" abbiamo dato? La prima è ricorrere al codice penale con nuove norme di "contrasto al disagio giovanile" approvate dal governo in tempi rapidissimi come promesso dalla presidente Meloni a Caivano. Accanto a queste, un pacchetto di azioni per rafforzare le istituzioni scolastiche al Sud e provvedimenti a sostegno dell' occupazione giovanile. La seconda è quella delle opposizioni che accusano il governo di perseguire una deriva securitaria ritenuta fallimentare, per rilanciare il tema della prevenzione e dell'investimento sulla formazione delle nuove generazioni; insomma titoli e poco altro. Ma davvero stiamo assistendo ad una svolta decisiva e radicale, di scelte lunghe e durature sul versante dell'impegno educativo e formativo?
Non vi nascondo il mio scetticismo, vado per punti.
Partiamo dall'introduzione di nuove pene per ragazzi e ragazze, e per i genitori. Possono essere utili: le leggi danno un indirizzo, svolgono una funzione di deterrenza, indicano i comportamenti ritenuti scorretti e deplorevoli per il buon vivere delle comunità. Ma per non rimanere slogan o dichiarazioni di pancia, le norme devono essere applicabili e da subito operative. Faccio alcuni esempi: chi arresterà una madre e un padre responsabili dell'elusione dell'obbligo scolastico? Saranno portati in carcere? E i bambini a chi saranno affidati? Ai servizi, ai nonni? E se un minorenne viene ammonito dal questore con la Daspo, chi controllerà che non sconfini i limiti territoriali imposti? Con quale personale, con quali mezzi? Abbassare l'età perseguibile: e poi? Dopo la condanna andranno ad affollare le carceri minorili già fuori controllo? Con quali percorsi di educazione e di reinserimento? Da ultimo, aggiungo che oltre alla loro applicabilità le norme hanno bisogno anche di un contesto sociale che le sostenga, e agisca da deterrente morale verso comportamenti che ledono la dignità delle persone. Se noi tutti ci voltiamo dall'altra parte quando assistiamo a comportamenti maleducati, le norme del codice penale a che serviranno?
Prevenzione, investimento in educazione: giusto, ed è la via che personalmente perseguirei. Ma se rimane uno slogan buono per tutte le stagioni e non un progetto educativo che coinvolga negli anni la politica, le istituzioni e tutte le comunità locali ci ritroviamo ancora a ragionare con la pancia, una pancia più politicamente corretta ma sempre pancia. "Investire in educazione" è mettere nel cuore delle agende politiche sociali ed economiche i bambini e le bambine, vuol dire osservare il paese con un altro cannocchiale. Vuol dire investire sulla genitorialità fornendo sostegno con servizi all'altezza, e riconoscere come bene comune la maternità in primis, e la paternità, e la conciliazione vita lavoro non praticata come un cortese optional da parte delle imprese. Asili nido e scuole materne per tutti e gratuiti, scuole a tempo pieno e sempre aperte, valorizzazione economica delle professioni educative. Sostegno all'associazionismo educativo e sportivo, agli oratori: tutte realtà senza le quali non esisterebbero in Italia i centri aperti per bambini e adolescenti in estate. E potrei proseguire...
Noi adulti Anla una idea ce l'abbiamo: vogliamo un paese che sa pensarsi come una comunità educante, che vede i bambini e le bambine un bene di tutti, e la cultura del prendersi cura un architrave dell' agire politico e sociale. In questo clima, anche le norme per punire comportamenti scorretti sono benvenute: noi siamo stati bambini e bambine, ci ricordiamo le "punizioni" dei nostri genitori, giuste, a volte esagerate. Siamo cresciuti anche per questo.
Crediti fotografici: istock/monkeybusinessimages
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