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Un padre, un maestro e un prete

(di Antonello Sacchi) Il 27 maggio 1923 nasceva a Firenze don Lorenzo Milani, il "parroco di Barbiana". Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sabato prossimo interverrà nel borgo toscano alla Cerimonia celebrativa del centenario della nascita del sacerdote, scrittore ed educatore.

Ecco un breve ricordo di don Milani tracciato da chi lo conobbe da vicino: Paolo Landi, curatore della mostra "Incontrare don Lorenzo Milani. I care. L'uomo. L'educatore. Il profeta". 

Landi è uno dei "ragazzi di Barbiana".

Paolo Landi

 

Signor Landi, chi era per lei, chi è per lei Don Milani? Per me è stato un padre, un maestro e un prete. Nel senso che io ho avuto un rapporto con lui molto bello. Don Milani era una persona molto solare con cui si stava molto bene assieme. Era estremamente rigoroso. Pensa che un comandamento che non c'è scritto era quello di non perdere tempo; perdere tempo per lui era considerato una bestemmia, era considerato una cosa pazzesca. Quindi una persona estremamente rigorosa, però allo stesso tempo una persona vicina con cui potevi parlare, con cui potevi discutere: io ho avuto con lui anche momenti di dissenso. Soprattutto era una persona che andava sempre alla radice dei problemi. Faccio un esempio, quando venivano su persone a Barbiana si intavolava una discussione, io mi chiedevo dove andavano a parare... Lui andava sempre oltre. Aveva una capacità di analizzare i problemi e di metterci sopra, come dire? Degli insegnamenti eccezionali, dico insegnamenti perché lui si è sempre rifiutato di dare ricette. Cito un aneddoto, facciamo scuola, arrivano su due preti giovani da Firenze e cominciano a bombardarlo, tu cosa faresti qui? Tu cosa faresti là? Etc etc Lui ascolta un po' incredulo, guarda, va da uno, va dall'altro a un certo punto dice "fuori dai c%u2026!" . Ma perché? Che hanno combinato? Don Milani rispose: "Devono imparare a riflettere sui problemi, io non sono uno che dà ricette, io posso aiutarli negli insegnamenti, ma poi la ricetta concreta di come risolvere il loro problema che hanno nel proprio territorio, devono essere loro a risolvere". Quindi il suo insegnamento era sempre, come dire, rivolto a dare insegnamenti, a essere un educatore ma la risposta concreta doveva essere data da chi li vive quei problemi e lui partiva sempre da questo discorso: c'era una frase che lui spesso ripeteva, i bianchi non fanno le leggi per i neri, nel senso che uno deve esaminare la situazione in cui vive, esaminare i problemi che ha di fronte, cercare delle soluzioni, mettersi d'accordo agli altri per uscirne insieme. La politica è uscirne insieme, quindi tutto il suo insegnamento era rivolto a farti prendere coscienza di un problema, ad aiutarti a prendere coscienza del problema, ad aiutarti a trovare le soluzioni. Poi dovevi essere tu con quella parola "I care" come dire mi importa, mi sta a cuore, mi impegno a immedesimarti e dare delle risposte al problema. Quindi è sempre stato un grande educatore, un educatore per la scuola, per la politica, per la stessa Chiesa. Non si è mai posto, come dire, in sostituzione del politico, in sostituzione dell'insegnante o in sostituzione del vescovo. 

Lei è stato con Don Milani tre anni circa, è stato testimone della sua sofferenza. Quanto ha sofferto Don Milani? Ha sofferto tantissimo, soprattutto nel periodo in cui è stato denunciato per apologia di reato, in cui gli arrivano queste lettere minatorie che in cui il vescovo invece di aiutarlo e di "coprirlo", gli aveva imposto la censura e gli aveva imposto, come dire addirittura l'invito all'escardinazione. Lì ha sofferto tantissimo e per fortuna è arrivato quell'assegno di Papa Paolo VI [il riferimento è ad una lettera fatta recapitare a mano al parroco di Barbiana contenente un assegno di Papa Montini con un breve scritto in cui si spiegava che si trattava di un aiuto per la scuola e gli si rivolgevano gli auguri per tutto NdR] , che ha chiuso questa vicenda perché altrimenti poteva anche finire male.

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