(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Credo ci spetti, dopo questa tornata di elezioni amministrative, offrire qualche spunto di riflessione: siamo una associazione apartitica e plurale ma non apolitica, ci sentiamo tutti cittadini impegnati a costruire il bene comune perché la politica o è questo o non è.
C'è un dato che ci deve inquietare, da molti sottovalutato: il partito degli astenuti è il primo partito nel paese, non era mai accaduto nella storia repubblicana. Si ha l'impressione che la democrazia perda colpi e che giri a vuoto; una gran parte delle persone chiamate a scegliere i sindaci, disillusa e rassegnata, ha percepito i partiti come inutili e inadeguati a migliorare la qualità della propria vita personale e collettiva. A molti, essi appaiono svuotati dei compiti che la Costituzione loro affida, li sentono lontani dai problemi reali e in difficoltà ad ascoltare le comunità, esse stesse per parte loro confuse e contaminate da individualismi e solitudini diffuse.
Dunque, non c'è speranza? Non possiamo più riconquistare un senso e un destino condivisi? Siamo condannati ad essere arcipelaghi senza alcuna comunicazione interna, senza ponti e sentieri? Perché è evidente che una stagione si è conclusa: il welfare per tutti non c'è più (forse meglio dire che per tutti non lo è mai stato); l'Europa materna del primo dopoguerra è percorsa da tensioni sfibranti; la globalizzazione economica tanto decantata ha sí introdotto novità importanti ma anche ingiustizie, disuguaglianze, insicurezze identitarie; i sistemi liberal democratici si mostrano incapaci di stare al passo con governi oligarchici e autoritari. Scopriamo che la democrazia non è un bene per sempre, che occorre difenderla non solo con il dovere di andare a votare, ma integrandola con altre forme. Un compito che spetta non solo ai partiti ma a quel tessuto civile costituito da associazioni e famiglie di cui anche ANLA fa parte.
La generazione dei nostri genitori ha ricostruito il paese dopo una guerra terribile, tra macerie e povertà estreme. Non siamo tornati a quel punto nonostante la drammatica pandemia che ha colpito il paese. Ma lo spirito di ripresa dovrebbe essere il medesimo se vogliamo essere fedeli alla promessa fatta alle generazioni più giovani, per mantenere del passato ciò che è utile e per accogliere il rischio di pensare il futuro. Se accogliamo la sfida scopriamo in filigrana un tempo che può dare avvio ad una nuova stagione per grandi e piccoli gesti: l'Europa si è indebitata solidalmente e sono sempre più numerosi gli economisti che ritengono urgente e necessario un ripensamento del sistema economico mondiale. Anche nelle questioni della vita quotidiana annotiamo un cambio di prospettiva: il pendolarismo frenetico non funziona più, è stato rivitalizzato lo spazio domestico, siamo meno disponibili al consumismo nevrotico e compulsivo, i luoghi di lavoro si riorganizzano, siamo più performanti nell'utilizzo della tecnologia digitale tanto da rendere più piacevole la vita quotidiana, emerge un bisogno di equilibrio della propria vita interiore.
Segni dei tempi, segni di un cambiamento in meglio si sarebbe detto negli anni Settanta del secolo scorso.
Ecco, penso che la nostra associazione, noi tutti adulti -adolescenti, un contributo possiamo davvero darlo con la libertà e la generosità che ci contraddistingue.
(Crediti fotografici: iStock.com/Lacheev)
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