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Quali direttrici per la riforma previdenziale?

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Due passaggi che meritano la nostra attenzione: è stato presentato alla Camera il decimo rapporto di Itinerari Previdenziali, associazione presieduta da Alberto Brambilla ospite alle nostre Summer School, ed è partito il Tavolo tecnico tra Governo e parti sociali per la riforma previdenziale.

Riguardo il Tavolo tecnico, vi parlo con franchezza, non è una grande novità: ad ogni inizio legislatura si riparte dal nodo pensioni per provare a rivedere la riforma Fornero, l'ultima riforma strutturale del sistema pensionistico italiano che, al netto delle rigidità iniziali, ha avuto il merito di introdurre il principio di sostenibilità per quanto riguardo il bilancio pubblico e il rapporto tra le generazioni. Questione, quest'ultima, nota ma drammaticamente elusa: i giovani rischiano non avercela proprio la pensione!

Penso che alla nostra generazione spetti il dovere di difendere un sistema previdenziale che l'ha protetta,  un presidio che deve rimanere universalistico, assieme a sanità e istruzione: facciamolo però con intelligenza, misurandoci con i dati di realtà, valutando con attenzione le proposte di modifica, soprattutto la  loro sostenibilità nei tempi lunghi. Un esempio? La proposta di   portare a 1000 euro al mese le pensioni minime sulla carta  è giusta, ma è insostenibile, costerebbe 27 miliardi l'anno e porterebbe INPS in default. Perché farla dunque?

Il Rapporto di Itinerari previdenziali ci offre uno spaccato in chiaro scuro: la  spesa per le prestazioni previdenziali si è mantenuta tutto sommato stabile, anche se rischia di essere minata  dalle troppe eccezioni introdotte alla riforma Fornero, oltre che dalla incapacità di affrontare adeguatamente l'invecchiamento delle persone in attività (l'età media di uscita dal lavoro  resta tra le più basse d'Europa, con un'aspettativa di vita tra le più alte nel mondo) e i cambiamenti dei modelli organizzativi delle imprese. Va detto altresì che su costi e sostenibilità non aiuta a fare chiarezza la commistione tra spesa pensionistica e assistenziale; quest'ultima riguarda 7 milioni di persone che ricevono un assegno non coperto (o coperto solo in parte) dalle contribuzioni: sono le integrazioni al minimo, l'invalidità civile, l'accompagnamento, gli assegni sociali...

Se questo è il quadro a grandi linee del sistema previdenziale, quali sono le direttrici verso le quali si muoverà il cantiere aperto da Governo e Organizzazioni di rappresentanza di imprese e lavoro? Qualche elemento lo possiamo rintracciare leggendo le dichiarazioni dei protagonisti. Si lavorerà per introdurre meccanismi di miglioramento della normativa vigente per quanto riguarda la flessibilità in uscita, specialmente in riferimento alle categorie più interessate da lavori usuranti o alle persone gravate da problemi di cura particolarie familiari; le pensioni sperimentali, come la cosiddetta opzione donna, saranno revisionate; si punterà al potenziamento della previdenza complementare con un'azione di vera e propria educazione previdenziale; si agirà sui meccanismi di staffetta generazionale al fine di favorire l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro senza disperdere il patrimonio di competenze dei più anziani; è stata riproposta la commissione per la separazione tra previdenza e assistenza, questione che ritorna periodicamente oramai da più di vent'anni.

Sarò sincero con voi: a leggere i punti che vi ho elencato si ha il sentore di un "già letto", di un "già   proposto" in incontri precedenti e con altri governi. Comunque sia, spero davvero si faccia un passo avanti per avere un sistema previdenziale sostenibile, per oggi e nel futuro. 

Mi permetto un'ultima riflessione, più antropologica, una provocazione: se l'aspettativa di vita media ha raggiunto gli 80 anni (85 anni per le donne), e se il lavoro non è solo un reddito ma un fattore di completamento della vita, fa il bene delle persone proporre uscite dal lavoro intorno ai 60 anni e in alcuni casi anche prima? È ragionevole mandare in pensione per vent'anni persone nel pieno delle forze e delle competenze?  E' davvero un servizio alla persona e alla sua dignità mettere  a riposo generazioni che potrebbero dare ancora tanto? Non si favorisce il lavoro sommerso e in nero per "arrotondare" la pensione? Perché  non proporre forme di flessibilità negli ultimi anni tra attività lavorativa  e impegno di cittadinanza attiva nelle organizzazioni di Terzo Settore? 

 

 

(Crediti fotografici: iStock.com/ Zinkevych)

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