(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) L'Europa da sempre è denominata il "Vecchio Continente". In realtà l'Europa che ha conosciuto la nostra generazione è una Europa molto giovane, nata nella fine del secondo conflitto mondiale con il manifesto di Ventotene e con i primi trattati animati da tre grandi politici: Schuman, De Gasperi e Adenauer. Questa giovane Europa che a partire dagli anni '50 ci ha donato una società inclusiva, libertà e democrazia, e soprattutto la pace, non sembra all'altezza delle sfide che ci troveremo ad affrontare nei prossimi decenni. Il Rapporto Draghi sulla competitività europea consegnato alla Commissione in questi giorni pone l' Unione Europea di fronte ad "un passaggio esistenziale" per il suo futuro se intende mantenere il modello sociale che sin qui l'ha resa unica al mondo. Il rapporto è un grido di dolore: le condizioni che hanno garantito la prosperità non ci sono più e senza profondi cambiamenti di prospettiva l'Europa non sarà in grado di garantire ai suoi cittadini quel livello di benessere che hanno fin qui goduto.
E per farlo - sempre il Rapporto - occorre procedere ad un cambiamento radicale. Draghi propone una sfida mai vista prima, un investimento annuo di almeno 800 miliardi, corrispondente a circa il 4,4% del PIL dell'Unione. Su tre aree di intervento comuni: l'innovazione tecnologica e le infrastrutture energetiche per colmare il divario sempre più vistoso con USA e Cina (sono solo 4 le aziende europee nelle prime 20 aziende tecnologiche globali); la decarbonizzazione attraverso azioni politiche condivise per rappresentare nel mondo un faro di responsabilità climatica: siamo all'avanguardia nella ricerca sulle energie rinnovabili ma non siamo capaci di "metterla a terra" per la debolezza dell'ecosistema di innovazione europeo; e infine la sicurezza, per essere attore indipendente sulla scena internazionale riguardo l'acquisizione di materie prime critiche (oggi dipendiamo da pochi fornitori) e di tecnologia digitale.
Se sull'analisi e l'individuazione di strategie e obbiettivi per produrre il cambiamento si è tutti concordi, su come procedere e quali strumenti attivare, l'Unione appare invece divisa e sfrangiata. Francia e Germania, le due forze propulsive che hanno spinto l'Europa per oltre 70 anni, hanno governi deboli, di fatto sfiduciati dagli elettori. Sul rafforzamento del bilancio comune ad esempio, o sull'emissione di debito, già sperimentato durante la pandemia, nel Consiglio europeo non si trova consenso unanime, nonostante l'evidenza che le sfide sovranazionali come appunto la digitalizzazione, la difesa europea e la transizione verde non potranno che essere affrontate all'interno di una nuova architettura federale e un nuovo modello di governance.
Lo sguardo della politica su questo passaggio cruciale appare di corto respiro, più concentrata a non "cedere sovranità" invece che a pensare ad una nuova sovranità, ad una più grande dentro la quale la ricchezza stupefacente di culture, storie, bellezze dei popoli europei raggiunga nuove sintesi nella fedeltà ai principi comuni: la dignità della persona, la libertà e la democrazia, il pluralismo e la ricchezza delle differenze, l'inclusione e la solidarietà, la pace e il valore della mediazione dei conflitti. Nel preambolo, la Cartadei diritti fondamentali dell'Unione europea dichiara che "i popoli d'Europa, nel creare tra loro un'unione sempre più stretta, hanno deciso di condividere un futuro di pace su valori comuni... Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana... e pone la persona al centro della sua azione"
Sapremo raccogliere le sfide e garantire un futuro di amicizia sociale e di pace alle nuove generazioni?
In Italia non si parla molto di Europa, il servizio pubblico stenta a costruire una cultura europea, gran parte della popolazione non conosce l'impatto positivo delle scelte maturate a Bruxelles sulla propria vita quotidiana. A noi "anziani europei", in associazione, spetta il compito di conservare la memoria della "nostra" Europa, di proporre buona informazione - anche critica - e di continuare a formarci e a formare.
(Crediti fotografici: iStock.com/ 8213erika)
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