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Il futuro della nostra economia

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Chiusa la stagione referendaria con la bocciatura dei quattro quesiti dedicati al lavoro, senza voler commentare nel merito la vicenda e i risultati ottenuti, è utile riaprire una riflessione argomentata al passo coi tempi su un tema da sempre il cuore di ANLA. I problemi del mercato del lavoro nel nostro Paese sono noti a coloro che ne vogliono parlare seriamente e che - va detto con onestà - sarebbero stati irrisolti  se pure la maggioranza degli italiani avesse messo un si sui 4 quesiti referendari.

Li accenno brevemente: bassi livelli di occupazione (soprattutto femminile) e bassi salari ( il 12,5% sono lavoratori poveri); elevata disoccupazione di lungo periodo e un numero impressionante di giovani che non studiano e non lavorano (quasi il 23%); divario crescente fra le competenze richieste dalle imprese e quelle possedute da chi cerca lavoro; precarietà diffusa con effetti negativi sulla vita dei giovani per la carenza di  protezioni sociali e di  sostegni al reinserimento; non ultimo l'incapacità di trattenere i nostri talenti migliori e di attirarne da altri Paesi. Problemi rimasti in gran parte irrisolti nei decenni passati a cui ora si aggiungono la rivoluzione digitale con l'ingresso della Intelligenza Artificiale, il cambiamento climatico e la concorrenza delle economie emergenti,  la Cina per tutti. Se non saremo capaci di avviare una trasformazione profonda del nostro sistema produttivo, l'occupazione inevitabilmente sarà la prima vittima ad essere immolata per reggere la competitività delle tante imprese nostrane incapaci di innovare e accrescere la propria produttività. È la più facile ma la più ingiusta, la più devastante per il benessere di una comunità: per stare sul mercato e cercare ancora di collocare beni e servizi spesso obsoleti riduco l'unica voce che non si dovrebbe toccare che è quella del costo del lavoro, dei salari bassi, tanto bassi da non garantire una vita degna.

Se questo è il quadro, per titoli, degli attuali problemi del mercato del lavoro, la via di uscita non è certo semplice ma neppure impossibile.

In altri momenti della nostra storia abbiamo dimostrato di essere capaci di un colpo di reni, di rinserrare i ranghi, di condividere un progetto per il futuro. Non al passato, riproponendo ad esempio modelli di impiego imperniati sulla garanzia  del posto fisso (che vale solo per chi ce l'ha) e non su un sistema che sostenga e renda capace il lavoratore di affrontare in sicurezza il proprio percorso professionale lungo l'intero ciclo della vita.

Piuttosto che "rivolte sociali" o mobilitazioni non è forse giunto il tempo di formulare proposte concrete sulle sfide che riguardano il futuro della nostra economia e i suoi effetti sull'occupazione?

Non è giunto il momento che si riaprano tavoli di concertazione, di co-programmazione che coinvolgano i sindacati, le organizzazioni datoriali e le istituzioni, ciascuno con la propria autonomia, a livello nazionale e soprattutto locale? 

Perché non re-inventare nuove garanzie di stabilità e di sicurezza nel tempo di un cambiamento d'epoca mai così profondo e incerto?

Le piste di lavoro sono in parte già tracciate. Ne accenniamo alcune: un allargamento degli ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione per dare sicurezza di futuro ad ogni lavoratore; il rafforzamento delle politiche attive per un mercato del lavoro aperto e trasparente; il monitoraggio quasi quotidiano delle iniziative promosse dal sistema della formazione professione per misurare efficacia eimpatto sociale; servizi  di informazione e orientamento per favorire l'incontro tra domanda e offerta e la valorizzazione delle competenze.

Se è vero che il 42% degli occupati si ritengono insoddisfatti del proprio lavoro per le retribuzioni troppo basse e per mancanza di prospettive, diventa urgente riaprire una stagione di riforme, annunciata con il Pnrr ma che rischia già ora di spegnersi. A pagarne come sempre saranno i giovani, i tanti lavoratori poveri e le loro famiglie. 

 

 

(Crediti fotografici: iStock.com/ metamorworks)

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