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Prendersi cura di se stessi, della comunità e del Pianeta

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Gli eventi ultimi che hanno colpito l'Emilia Romagna ci interrogano nuovamente. Vi sembrerà una affermazione un po' ardita se scrivo che siamo in guerra contro la Terra, ma la realtà è davanti ai nostri occhi: abbiamo alterato il 75% dell'habitat terrestre e portato il pianeta sull'orlo di una crisi climatica globale senza precedenti nella storia dell'umanità, con un cambiamento  giunto forse in una fase di irreversibilità. I dati disponibili sulle modificazioni generate dalle attività antropiche lasciano pochi dubbi: abbiamo dimezzato la presenza di foreste e boschi, la popolazione animale è diminuita del 60% negli ultimi quarant'anni, la mancanza di acqua in molte zone inizia a farsi sentire, l'inquinamento atmosferico in alcune regioni ha raggiunto livelli tali da minacciare la vita stessa, gli eventi meteorologici estremi si moltiplicano provocando danni enormi soprattutto nei centri urbani in cui vive ormai l'85% della popolazione mondiale.

In Italia la crisi idrogeologica  è in atto da decenni, e peggiora di anno in anno. Nel 2022 l'acqua piovuta è stata la metà dei valori attesi, la siccità non sembra più un fenomeno ciclico ma una tendenza che si va consolidando nonostante l'Italia non sia un paese povero d'acqua. Il guaio è che ne sprechiamo tanta, troppa: dalle piogge ne tratteniamo solo l'11%, acqua che potrebbe essere raccolta per una agricoltura a basso impatto ambientale; per non parlare del 35% di acqua potabile che disperdiamo nella rete idrica, un colabrodo.

Non solo crisi idrogeologica, il cambiamento climatico sta incidendo anche sulla salute dei cittadini, dei più fragili e anziani soprattutto: aumenta la mortalità per malattie cardiovascolari e per difficoltà  respiratorie, è sempre più frequente la trasmissione di malattie infettive e, non a caso, il numero dei decessi si concentra in concomitanza dei mesi più rigidi (dicembre, gennaio) e nei mesi più caldi (luglio, agosto). 

Si avvicina la fine del mondo o ci troviamo di fronte all'opportunità di ripensare un sistema economico sempre più insostenibile e dissipativo, che invece di attenuare le disuguaglianze le alimenta? Penso sia questa la via che dobbiamo intraprendere nella prospettiva dell'ecologia integrale che Papa Francesco ha indicato nella Laudato sì: prenderci cura di noi stessi, della  comunità e del  pianeta. Mai rassegnarsi al  fatalismo di chi non vede alcun futuro o al cinismo di chi pensa all'oggi, al proprio benessere senza curarsi delle generazioni future. 

I livelli di azione sono tanti, dalle scelte di vita personali all'impegno associativo, dall'impegno nel volontariato sociale a quello politico. Conteranno gli stili di vita che sceglieremo liberamente di vivere, più sostenibili e più salubri, per invecchiare bene e mantenerci sani il più a lungo possibile. Consumeremo meglio per consumare meno, promuovendo il riciclo e l'economia circolare; bandiremo lo spreco di cibo dalle nostre tavole. E poi la testimonianza personale e associativa di cura per l'ambiente: le azioni di volontariato dei gruppi Anla nel ripulire parchi, spiagge e ambienti pubblici sono segno e testimonianza di un impegno concreto.

C'è poi il piano delle scelte politiche locali, nazionali ed europee. L'umanità se vorrà  preservare le proprie conquiste dovrà trovare un modo migliore per produrre  le energie di cui ha bisogno. Se il secolo scorso è stato il secolo dei combustibili fossili, insostenibili da un punto di vista ambientale, il nuovo secolo dovrà dedicarsi alla scoperta di nuove forme di energia rinnovabili disponibili a tutti. Su questo il cammino è solo iniziato, per parte sua l'Unione europea ha fatto propria l'Agenda 2030 e le ultime decisioni penso vadano nella giusta direzione.

Concludo presentando due azioni positive di diplomazia ambientale, poco note, solo per rimarcare che se gli Stati nazionali condividono una medesima preoccupazione e un destino comune, le azioni possono per davvero portare frutti copiosi. 

Il primo è il trattato ONU approvato da poco per la protezione della biodiversità marina; un vero e proprio trattato di pace per evitare che l'alto mare, il mare di nessuno, l'area al di fuori dei confini nazionali (sono le prime 12 miglia che si possono estendere a 200 miglia come zona di interesse economico esclusivo)  che  rappresenta il 64% della superficie totale degli Oceani, con le nuove tecnologie  non diventi un luogo di accaparramento di risorse senza regole e limiti. Le acque internazionali sono  bene comune dell'intera umanità. Gli  oceani producono il 50% dell'ossigeno, regolano il clima, assorbono la CO2,  sono il motore che rinnova la disponibilità di acqua dolce, forniscono energie rinnovabili e cibo.

La seconda è la notizia che ha dato da poco l'Organizzazione mondiale della Meteorologia: il buco dell'ozono, a suo tempo provocato dall'uso indiscriminato dei CFC (clorofluorocarburi),   vietati da decenni a livello mondiale con la firma del protocollo di Montreal del 1986, si è chiuso ripristinando la protezione del pianeta dai raggi UV più dannosi.

 

 

(Crediti fotografici: iStock.com/ piyaset)

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