Prendersi cura della propria spiritualità

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Si sono concluse  le festività della Pasqua, e mi auguro le abbiate passate in serenità nonostante il difficile momento che stiamo vivendo soprattutto a livello internazionale. La Pasqua, come altre festività da sempre nel cuore delle nostre tradizioni, ci lascia un cesto di valori da curare nella nostra vita personale e sociale. Il professor Giovanni Panzetta all'incontro organizzato da ANLA  a Tolmezzo, a conclusione della sua bella illustrazione su come vivere bene e mantenersi in salute, ci ha consegnato alcune raccomandazioni. Oltre a cibarsi con sobrietà e a mantenersi fisicamente attivi, le più note, ci segnalava una terza dimensione che titolerei "prendersi cura della propria  spiritualità", essere cioè curiosi e creativi, altruisti e aperti, ricchi di relazioni sociali e di buoni sentimenti.

Colgo l'occasione della Pasqua appena conclusa, così ricca di  significati, per proporvi alcune pennellate, va da sé incomplete, di questa spiritualità comune a tutti gli uomini, declinata in una fede religiosa per chi crede,  o laicamente nella passione per l'uomo e per la sua dignità.

Nella celebrazione del giovedì abbiamo riscoperto il valore della convivialità che non si riferisce alla sola condivisione del cibo in un clima di festa. In realtà ha un significato più profondo. È ritrovarsi per dare significato allo stare insieme, con garbo e letizia; è premura per i gesti, per i luoghi che si scelgono; è riconoscersi reciprocamente nella buona conversazione, è donarsi gioia e sicurezza. 

Il venerdì  nel racconto dei Vangeli ci fa incontrare due dimensioni della vita,  oggi volutamente nascoste per illudere le persone che possa esistere una esistenza senza problemi. Fragilità e vulnerabilità sono invece dimensioni ineludibili della nostra umanità, vanno accolte non per rassegnazione o per rinunciare a vivere la vita in pienezza, ma per cogliere in esse l'autenticità e la verità su noi stessi. Non è un caso che  fragilità e vulnerabilità segnino i momenti più preziosi della vita, persino gli oggetti che più amiamo sono quelli più fragili, quelli che mai vorremmo cadessero o si sbrecciassero: un vetro, una ceramica, un gioiello appartenente ai nostri nonni, un quadro, una coperta tessuta a mano sgualcita e consumata, una vecchia foto. Gesù  nel giorno del dolore e dell'abbandono mostra la  sua fragilità, non la nasconde, al contrario l'assume per farsi dono  ai suoi amici e a sua madre, apre una finestra sulla speranza e conferma il suo impegno per una vita in pienezza.

Il sabato è il tempo dell'attesa e della veglia, perché la vita non è solo un fare per fare, una ricerca spasmodica dell'efficienza fine a se stessa. La dimensione spirituale dell'attesa è nel nostro DNA, ci invita a vivere più lentamente e più in profondità, a non affannarci nel consumo di relazioni frettolose, a cercare il tempo giusto della dolcezza, a saper ascoltare per formarci all'accoglienza.

Infine, nella domenica pasquale sperimentiamo la virtù dello stupore nel quotidiano, pronti all'inatteso e alle meraviglie che cambiano il corso della nostra giornata. Un saluto o un sorriso, una giornata piena di sole, un gesto buono che mai avremmo pensato di compiere, un libro, la battuta di un nipote, un messaggio su wattsapp, un grazie..

Convivialità, fragilità e vulnerabilità, attesa e stupore: sono davvero  delle pennellate, il quadro va completato non da maestri esperti di pittura, ma da noi tutti, con lo spirito del principiante, figura a me moto cara. Perché il principiante ha la mente  libera e aperta, è pronto ad apprendere e ad incamminarsi su nuovi sentieri, è generativo e capace di innovazione. Con lo zaino in spalla, non troppo pesante, con dentro solo gli arnesi essenziali per camminare sui sentieri che la vita ci offre, e per completare giorno dopo giorno, il quadro della propria spiritualità.

(Crediti fotografici: iStock.com/ Ridofranz)