(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Si sono tenuti a Roma il 9/10 maggio scorsi la quarta edizione degli Stati generali della natalità organizzata dalla omonima Fondazione che ha come presidente Gigi De Palo, ospite di una delle Summer School annuali promosse da Anla. L'ultima edizione è stata disturbata da alcune contestazioni giovanili compiute non tanto per la ricerca di un confronto , anche aspro -ci sta in democrazia- bensì per conquistare uno spazio sui social e sui giornali. A De Palo rinnoviamo stima e amicizia.
In una precedente riflessione ho scritto che un'associazione di adulti come la nostra ha il dovere di utilizzare parole di verità con amore e senza furbizie Proviamo ad essere ancora una volta "politicamente scorretti" con il nostro stile, i nostri valori da una parte e dall'altro uno sguardo onesto e informato sulla realtà di oggi.
Ritorno sul tema del declino demografico che affligge da decenni il nostro paese: siamo contemporaneamente un paese con un alto tasso di longevità e con il più basso tasso di natalità.
Il declino demografico, lo scrivono economisti e sociologi, è questione di sopravvivenza economica, sociale e culturale, di sostenibilità del welfare, di capacità di innovazione del sistema imprenditoriale. Riguarda anche la qualità della vita democratica per una società più aperta ed equilibrata. Se sono vere queste premesse il sostegno alla natalità è, o dovrebbe essere, una delle questioni al centro dell'agenda politica di tutte le forze politiche. Ma questo non accade perché attorno al tema vivono ancora una caterva di pregiudizi. Ne accenno alcuni. Per molti la parola natalità evoca l'appello di Mussolini alle donne a fare figli come "battaglia per la difesa e lo sviluppo della razza" introducendo persino una tassa per i maschi celibi e il divieto di alcuni lavori alle donne per spingerle alla maternità. Un altro pregiudizio è animato dalla cultura "woke", soprattutto negli Stati Uniti, che sostiene che l'aiuto alla maternità è discriminante verso le donne che non vogliono avere figli. Così, piuttosto che valorizzare la diversità "immensa" racchiusa nella maternità scelta liberamente, si omologa al ribasso l' identità femminile. È diventato un caso la decisione della commissione competente del Comune di Milano che ha ritenuto sconveniente collocare in uno spazio pubblico la statua di una donna che allatta un bimbo in quanto immagine discriminatoria verso altre donne. Davvero un paradosso, si vogliono rispettare le diversità annullandole in un minestrone insipido. È così il sostegno alle mamme e comunque alla genitorialità è visto con diffidenza sebbene la Costituzione, nel rispetto della dignità di tutti, sostenga le differenze positive: parla di aiuto agli studenti capaci e meritevoli, riconosce tra le unioni umane possibili il valore del matrimonio, parla di protezione della maternità e di donne lavoratrici , riconosce la cooperazione sociale come una forma di impresa da tutelare.
Altro pregiudizio: le politiche di sostegno alla natalità incentiverebbero le donne a stare a casa nonostante i dati dicano altro. I paesi con buone politiche di sostegno alla natalità hanno il tasso di occupazione femminile più alto: 84% in Francia, 88% in Svezia rispetto al 55% in Italia.
Non ultimo lo scontro ideologico sulla legge 194 istituita nel lontano 1978. C'e chi vorrebbe abolirla per reintrodurre il divieto a praticare l'aborto, e c'è chi propone di liberare " il diritto di abortire" da ogni vincolo. Anche qui tra persone serie il giudizio su una legge lo si fa anzitutto conoscendola e applicandola in tutto. La legge si titola "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza". L'art. 1 dichiara che "Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Merita un passaggio anche l'art. 2 che assegna ai consultori familiari il compito di assistere la donna in stato di gravidanza informandola sui diritti , sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro e nel caso fosse necessario di avvalersi della collaborazione volontaria di associazioni per aiutare le maternità difficili dopo la nascita. Domanda "politicamente scorretta": invece di aprire polemiche inutili e demagogiche, fermo restando la tutela per la libera scelta (condizionata) delle donne che decidono di interrompere la gravidanza, perché non attuare la parte della legge che si è dato il compito di garantire per davvero il diritto alla procreazione?
(Crediti fotografici: iStock.com/ william87)
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