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Non siamo un paese per vecchi, non siamo un paese per giovani

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) La Fondazione Migrantes, organismo della Conferenza Episcopale Italiana, ogni anno produce un rapporto di grande valore, il Rapporto Italiani nel Mondo (RIM) a molti sconosciuto, a volte sconosciuto anche alla politica. È la fotografia di un popolo di quasi sei milioni di italiani che vive all'estero, il 10% della popolazione residente in Italia.

Lo studio prende in esame i movimenti migratori del 2022, quelli esterni  e quelli interni tornati a crescere rispetto al 2021. Per quest'ultimi la direttrice è la solita sud-nord, con le Regioni settentrionali sempre attrattive, soprattutto Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Lombardia.

Soffermiamoci sulla mobilità italiana internazionale forse scomoda da raccontare e volutamente rimossa dal dibattito pubblico. Mentre l'Italia continua a perdere residenti, quella fuori dall'Italia continua a crescere anche se meno rispetto agli anni precedenti: sono 82.014, con un meno 2,1% rispetto al 2021, le persone registrati all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE). Un dato però incompleto, molti emigrati per lavoro continuano a tenere un piede anche in Italia non ottemperando all'obbligo di iscrizione all'Anagrafe.

Alcune evidenze: l'Italia all'estero ringiovanisce, aumenta la fascia d'età tra i 18 e 34 anni, il livello di istruzione è medio alto (il 58% ha almeno il diploma), in prevalenza sono di origine meridionale; il numero di donne negli anni è raddoppiato, oggi sono il 48,2% del totale e se prima partivano per i ricongiungimenti familiari, oggi a lasciar il paese sono donne dinamiche e competenti, motivate dalla prospettiva di una vita indipendente e da una carriera più gratificante. Motivazioni che riguardano in realtà tutti i giovani italiani migranti; scelte comprensibili, basta fare Il confronto con il resto dell'Europa: i giovani tedeschi in media guadagnano circa 8.000 € in più l'anno, trovano lavoro anche senza il sostegno familiare, la fiscalità premia chi si impegna, sono responsabilizzati e pagati con un salario giusto.

Dicevamo, sono 6 milioni gli italiani residenti all'estero: le comunità più numerose si trovano in Argentina,  Germania e Svizzera, seguono Brasile, Francia, Regno Unito e Stati Uniti. La Sicilia è sempre la regione d'origine delle comunità migrante più numerose, a seguire Lombardia, Campania, Veneto e Lazio. 

Il Rapporto evidenzia anche il fenomeno opposto: sono ritornati in Italia 440.000 nostri connazionali nel decennio 2012/2021, numero più che raddoppiato ma insufficiente a contrastare la perdita di popolazione, soprattutto nel Mezzogiorno. 

Quali insegnamenti possiamo trarre per una politica davvero lungimirante? Ne abbiamo parlato in altre occasioni e ne abbiamo evidenziato le manchevolezze. Il RIM ci invita a prendere atto culturalmente, socialmente e politicamente che siamo ancora un paese di emigrazioni, che mentre l'Italia fuori dai confini cresce e ringiovanisce, quella dentro perde residenti e invecchia. Siamo una società che vive di mobilità, più dinamica di quanto si creda, nel bene e nel male. L'immagine di una comunità nazionale statica, immobile e a difesa dei propri confini e della propria identità non ci aiuta a comprendere in profondità i movimenti in atto. Molti di noi li vivono già in famiglia, figli e nipoti partiti alla ricerca di nuove opportunità. 

La mobilità è un diritto che andrebbe protetto e tutelato, è una dimensione che misura la qualità della nostra democrazia, ce ne siamo resi conto durante i lockdown indotti dalla pandemia. Ma è un valore a patto che non diventi una via di fuga costretta dalla paura del futuro, dall'incertezza e dalla precarietà del lavoro che attanaglia molti giovani. La scelta di migrare deve essere un'opportunità , un percorso di arricchimento, una scelta di libertà. "Liberi di partire, liberi di restare" è il titolo dato all'ultima edizione del Festival della Migrazione preso dal messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato. Così che partire non sia mai una fuga, e ritornare non sia percepito come una sconfitta. 

E su questo facciamo poco, troppo poco. Non siamo un paese per  vecchi e paradossalmente neppure un paese per  giovani. Qualche piccola proposta: perché non favorire lo smart working giovanile con una norma legislativa ad hoc che aiuti i giovani alla "restanza", a rimanere nella propria terra, soprattutto nelle aree interne del Paese, per non vivere da eterni "fuori sede" o da perenni pendolari? Perché non favorire il ritorno dall'estero con agevolazioni fiscali più generose e attente all'intero nucleo familiare? Perché non premiare le imprese che investono su questo grande capitale di competenze maturate con successo all'estero? 

 

 

 

(Crediti fotografici: iStock.com/ Bradai Abderrahmen)

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