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Misura per l'Inclusione Attiva

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) È di una settimana fa la pubblicazione sui quotidiani nazionali della bozza di riforma del Ministero del Lavoro, denominata Misura per l'Inclusione attiva (MIA), che andrà a rimodulare il Reddito di Cittadinanza (RdC) come annunciato dalla Presidente Meloni nel suo discorso di insediamento. È una bozza, e come tutte le bozze va trattata come tale, in attesa del testo definitivo che dovrebbe essere portato in Consiglio dei Ministri entro questo mese. 

Con il RdC approvato nel 2019 dal governo Conte 1, e che sostituì il Reddito di inclusione sociale, venne introdotto in Italia uno strumento di contrasto alla povertà presente da tempo in quasi tutti i paesi europei. Nel 2022 ha raggiunto 2,5 milioni di persone ed è costato 8 miliardi. Gli elementi di criticità di allora si appuntarono su alcune norme: la scala di equivalenza che penalizzava le famiglie numerose e straniere a vantaggio dei single, la commistione irrisolta tra politiche di contrasto alla povertà e quella per le politiche attive (ricordate i famosi navigator?), l'assenza di percorsi di inclusione sociale e il non coinvolgimento attivo del Terzo settore.

Come nel 2019, la pubblicazione del draft   ha destato preoccupazioni da parte di molte realtà associative impegnate nel contrasto alla povertà. Il Ministero, per parte sua, ha ribadito che si tratta di un primo abbozzo e che al più presto sarà avviato un confronto con le organizzazioni di società civile. 

Entriamo più nel merito. 

La previsione di una riduzione di 2/3 miliardi di spesa appare un azzardo: secondo i dati ultimi di Istat le povertà e le disuguaglianze - con una inflazione a due cifre che falcidia i redditi più bassi - sono destinati a crescere nei prossimi anni. Perplessità sui criteri per la suddivisione   tra "occupabili" e "non occupabili" poco chiari e non fondati su elementi qualitativi oggettivi, come pure sull'intervento per le famiglie numerose che sembrerebbe addirittura più penalizzante.

La durata massima (18 mesi) del beneficio per i non occupabili non cambia; sono invece ridotti a 12 mesi quello per gli occupabili con un décalage per il primo rinnovo che scende di sei mesi, mentre l'attesa tra il secondo e il terzo rinnovo di sostegno si allunga a 18 mesi. A molti è sembrato un approccio inutilmente punitivo, si riduce l'aiuto ai cosiddetti working poor, molti perderanno il sussidio senza aver trovato il lavoro, soprattutto nel Mezzogiorno dove il lavoro non c'è.

Positivamente la platea dei beneficiari  viene allargata agli stranieri: il requisito dell'obbligo di residenza scende a 5 anni rispetto ai 10 previsti dalla legge sul RdC. Forte contrarietà invece sull'abbassamento della soglia Isee per accedere alla nuova Mia che ridimensionerebbe il numero delle persone supportate. 

Ai Comuni sono affidati i "non occupabili" con percorsi personalizzati di inclusione sociale, mentre ai Servizi per l'impiego pubblici e privati gli "occupabili"; sono previsti incentivi alle imprese che assumono i percettori della MIA con contratti a tempo determinato e indeterminato, i controlli saranno più rigorosi per contrastare gli abusi. 

Sono davvero annotazioni. Con la pubblicazione del testo definitivo avremo la possibilità di avere elementi  certi per dare un giudizio più pensato. 

Nel frattempo possiamo condividere alcuni orientamenti per agire davvero un discernimento comunitario. Sono criteri e orientamenti valoriali maturati tra le associazioni che da anni lavorano con le persone e le famiglie in povertà. Ve li propongo davvero in sintesi: un approccio non  meramente assistenzialistico ma promozionale, non solo trasferimenti monetari ma servizi e presa in carico per accompagnare persone e famiglie a tornare ad essere cittadini; una lettura corretta della condizione di povertà, si direbbe multidimensionale, per evitare interventi inutili e sbagliati, spesso superficiali, rifuggendo dal quel "virus mentale" della cosiddetta "povertà colpevole": detto in parole povere, "se sei povero è tutta colpa tua, non sei meritevole!"; il coinvolgimento attivo dei Comuni e delle reti di Terzo settore mettendo in campo risorse adeguate; il potenziamento dei Centri di servizio per l'impiego con una presa in carico non burocratica ma concreta e fattiva (formazione vera, incrocio tra domanda e offerta di lavoro...).

 

(Crediti fotografici: iStock.com/ Matteo Cottardo)

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