(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Vi parlerò di una giornata non molto conosciuta ma interessante per riprendere temi legati al cibo e alla alimentazione. Il 5 febbraio di ogni anno si celebra la Giornata Nazionale di Prevenzione contro lo spreco alimentare, giornata istituita nel 2014 dalla Campagna pubblica Spreco Zero, in collaborazione con l'università di Bologna e con l'agroeconomista Andrea Segrè.
Quest'anno si celebra la 11esima edizione e a Roma è stato presentato il nuovo Report di Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability relativo all'anno 2023. Non andrò nel dettaglio ma metterò a fuoco i macro dati più salienti di un fenomeno, quello dello spreco alimentare, forse poco conosciuto. Ma andiamo sui numeri: lo spreco alimentare è aumentato dell'8%, si spreca di più nei grandi centri e meno nei piccoli, sprecano più le famiglie senza figli e i consumatori a basso potere di acquisto, si butta cibo più al Sud che al Nord. Parliamo di circa 13 miliardi di euro di spreco complessivo, metà dei quali prodotti a livello domestico, il restante dalla distribuzione e in parte minore dall'industria. Nel dettaglio sono circa 4 milioni le tonnellate di cibo sprecato prima che giungano nelle nostre case, ai quali si aggiungono quelli domestici per un totale di 9 milioni di tonnellate di cibo gettati via nell'arco di un anno.
Il primo dato su cui riflettere è che, nonostante l'aumento dei prezzi dei beni di consumo dovuto all'inflazione, gettiamo nei cassonetti l'8% di cibo in più rispetto al 2022.
Un altro dato ci porta ad indagare un'apparente contraddizione. Abbiamo accennato ai consumatori a basso reddito, sono persone e famiglie che faticano ad arrivare a fine mese. La ricerca ci dice che questo gruppo sociale compra cibo di scarsa qualità, facilmente deteriorabile e a ridosso di scadenze, per risparmiare. I cibi più buttati nel cestino sono soprattutto frutta, pane, verdure e insalate, patate, cipolle, latticini, mentre gli alimenti più in uso sono legumi e derivati vegetali a scapito di quelli di carne. E qui sta il paradosso, noto agli studiosi (si pensi all'obesità, al diabete, alle malattie cardiovascolari): la popolazione più a disagio sociale mangia male, facilmente si ammala ed è quella che produce più scarto alimentare. Non è proprio vero quello che affermava alcuni mesi fa il ministro Lollobrigida quando dichiarava che "in Italia spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi". Possiamo dire che si è creato un circuito avvelenato che va a incidere contemporaneamente sulla sicurezza alimentare delle persone più fragili e sulla sostenibilità ambientale. Non è un caso che nelle azioni previste per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo dell'agenda Onu 2030, l'obiettivo 12.2 preveda il dimezzamento dello spreco alimentare a livello mondiale.
Destino inevitabile? O possiamo invertire il trend assumendo azioni responsabili, personali e collettive, per mangiare bene ed evitare sprechi eticamente insostenibili?
Le indicazioni di lavoro proposte all'associazionismo dedicato e dalla piattaforme sono assai numerose. Ve ne propongo alcune, anche per la nostra attività associativa.
La prima è la promozione di una buona educazione alimentare ovunque sia possibile, anche nelle scuole. Su questo campo davvero come associazione possiamo fare molto per una cultura del cibo sana (e noi italiani su questo abbiamo tanto da dire) e una etica che non accetta di produrre scarti su prodotti vitali per l'esistenza delle persone. Persino nel Libro dell'Esodo, quando il Dio di Israele dona la manna al popolo troviamo una indicazione di buon consumo da parte di Mosè: "È il pane che il Signore vi ha dato in cibo. Ecco che cosa comanda il Signore: raccogliete quanto ciascuno può mangiarne, un omer a testa, secondo il numero delle persone con voi. Ne prenderete ciascuno per quelli della propria tenda. Si misurò con l'omer: colui che ne aveva preso di più, non ne aveva di troppo, colui che ne aveva preso di meno non ne mancava: avevano raccolto secondo quanto ciascuno poteva mangiarne" ( Es 16,14-18).
Se è vero che il maggior spreco avviene dentro le nostre case alcuni consigli semplici ci possono aiutare a non essere spreconi: compiliamo una lista precisa quando andiamo a fare la spesa, scegliamo per quanto possibile prodotti locali e stagionali, leggiamo con più attenzione etichette e scadenze, utilizziamo meglio frigo e freezer, scegliamo le confezioni più piccole, consumiamo senza eccessi quando si va al ristorante e portiamogli alimenti non consumati a casa (il cosiddetto dobby bag, caro alla generazione più giovane, il contenitore nel quale il cliente di un ristorante può chiedere vengano raccolti gli avanzi del proprio pasto). E riconquistiamo i segreti della "cucina degli avanzi", un'arte dimenticata ma cara ai nostri nonni e genitori.
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