(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) I dati disponibili sull'andamento del mercato del lavoro, sull'evoluzione e sulle sue tante sfaccettature ci consegnano un quadro complesso, di difficile lettura che induce su questo aspetto fondamentale per la vita del paese e delle famiglie, analisi contraddittorie, semplificazioni e scorciatoie interessate e polemiche.
ANLA, acronimo, contiene la dizione, bella e sempre vera, di "Lavoratori Anziani": il lavoro, assieme al tema a noi caro dell'anzianità, ne è il cuore, la sua ragione d'essere fin dalla sua fondazione.
Quasi quotidianamente sui giornali vengono forniti dati e riflessioni sull'evoluzione del mercato del lavoro in Italia, sugli snodi e le criticità che lo attraversano, sui quali è complicato districarsi anche per i più esperti. Vi propongo alcune pennellate di un quadro davvero difficile da dipingere.
Il primo dato che lascia sorpresi è la fuga dal lavoro ("great resignation" la chiamano negli USA) alla ricerca di un impiego migliore. Non si èarrestata neppure nel 2024: secondo la banca dati INPS nei primi 9 mesi si sono registrati 1 milione e mezzo di dimissioni volontarie che probabilmente raggiungeranno alla fine dell'anno i due milioni, confermando una tendenza che dura da almeno due anni. Carichi di lavoro eccessivi, salari troppo bassi, scarsa valorizzazione delle professionalità sono le principali motivazioni addotte. Sono dipendenti pubblici (medici e infermieri, agenti di polizia, autisti di bus, insegnanti) assieme ai lavoratori dei settori del trasporto e magazzinaggio, di alloggio e ristorazione e del turismo in generale. Nel contempo aumentano di un punto percentuale i lavoratori poveri, sono soprattutto donne costrette al part-time involontario e a contratti a tempo nei settori tradizionalmente a più bassa produttività (servizi, agricoltura%u2026). Dunque dimissioni volontarie alla ricerca di un lavoro degno da una parte, e lavoro povero dall'altro, sono le prime due pennellate.
Altra pennellata: più di 1 milione di lavoratori si stanno avviando alla pensione a fronte di 800 mila nuovi occupati a cui si aggiungono le decine di migliaia di giovani che emigrano soprattutto nei paesi della UE. I dati di Banca Italia ci mostrano che nell'arco dei prossimi 15 anni ci troveremo con un bisogno di almeno 6 milioni di lavoratori, necessari per mantenere in vita il nostro sistema produttivo e di welfare come lo conosciamo oggi, già scricchiolante.
Non vi propongo altri dati perché il quadro, solo abbozzato, del lavoro in Italia che ne esce appare frammentato, multiforme e contraddittorio: dimissioni volontarie e bisogno di nuovi lavoratori, crescita dell'occupazione e crescita del lavoro povero, salari e produttività bassi e fuga della meglio gioventù all'estero.
Le politiche per il lavoro come stanno evolvendo? Da troppi anni si procede a spizzichi e bocconi, senza un disegno chiaro al futuro. Avremmo bisogno di politiche durature nel tempo, non di bonus, per incentivare la natalità che anche se si risollevasse di alcuni zero virgola non basterebbe a colmare il gap generazionale attuale; avremo bisogno di politiche di immigrazione serie e ben strutturate perché il nostro paese si sta " disabitando"; avremmo bisogno di alzare la produttività del sistema imprese con più innovazione (competere tenendo basso il costo del lavoro è una pia illusione) e con una pubblica amministrazione meno invasiva e più efficiente; avremmo bisogno di un patto del lavoro tra organizzazioni sindacali e rappresentanze imprenditoriali per ridare dignità al lavoro come dichiarano gli articoli della Costituzione più volte da noi evocati. Per rispondere a quel desiderio di lavorare in dignità e di generare nuove opportunità: una stabilità sostenibile e il riconoscimento dei propri talenti, modelli organizzativi basati su obiettivi più che sugli orari, formazione permanente e un clima aziendale positivo e stimolante.
Nulla accade per caso, quasi naturalmente: è necessaria buona politica, nuove relazioni industriali e una leva di imprenditori civili che sappiano stare sul mercato rischiando l'innovazione, e prendendosi cura (senza paternalismi) dei propri lavoratori che sono il patrimonio più prezioso che una azienda possiede.
(Crediti fotografici: iStock.com/ ultramansk)
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