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La riforma del Terzo Settore

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Sono passati sei anni dalla sua approvazione e adesso la riforma del Terzo Settore è arrivata alle battute conclusive. O quasi. L'avvio del Registro unico ha rappresentato una accelerazione significativa assieme agli 8 decreti dei 29 collegati nell'ultimo anno. Al momento restano ai nastri di partenza soltanto 5 decreti dopodiché la struttura portante della riforma sarà ultimata. Manca ancora l'autorizzazione europea di alcune norme fiscali, non è colpa dell'Europa ma dei governi che si sono succeduti che non hanno ancora ufficializzato la richiesta di un regime ad hoc per gli enti di Terzo Settore inquadrati nella riforma che hanno finalmente acquisito un profilo giuridico proprio al pari degli enti pubblici e privati.

I ritardi, secondo la Fondazione Terzjus (osservatorio di diritto del Terzo Settore, della filantropia, dell'impresa sociale) hanno prodotto in questi ultimi due anni un danno economico di 245 milioni di risorse non attribuite agli ETS e tornate al bilancio dello Stato. La mancanza di un registro unico si è fatto sentire nella anche nella vicenda dei ristori, circa 100.000 euro, pagati con forte ritardo. 

Ricapitoliamo i punti più qualificanti della riforma ripresi dal secondo rapporto della fondazione Terzjus presentato a Roma il mese scorso.  

La riforma per la prima volta elimina la logica di una fiscalità estemporanea per gli enti non profit indipendentemente dal modello organizzativo e dalla tipologia di entrate, per introdurre finalmente un sistema tributario specifico, articolato su due livelli di inquadramento: il primo  legato alla qualifica degli enti con finalità commerciali (imprese sociali) o non commerciali; il secondo più specifico e di portata settoriale prevede ambiti di decommercializzazione in base alle attività svolte dagli ETS. La riforma ha previsto anche l'obbligo di redigere un bilancio e per gli enti che superano un fatturato di un milione anche un bilancio sociale. ANLA lo fa già da anni. È noto che la riforma appare a molti enti, soprattutto alle piccole realtà, come un onere maggiore e un carico di adempimenti troppi impegnativo e non come una nuova opportunità, ma difatti i numeri, in particolare quelli dell'iscrizione al Registro, sembrano dimostrare l'esatto contrario.

Il nuovo Terzo Settore risulta più attrattivo del generico non profit. Il Registro ha visto l'adesione da novembre a luglio di oltre 6000 nuovi enti, quasi 12.000 le domande presentate, una media pari a circa 620 al mese. Accanto alle nuove realtà si sta completando il passaggio degli enti scritti nei vecchi registri regionali che sono 88mila. Nel registro compaiono anche da qualche mese le imprese sociali e le società di mutuo soccorso, 23.000 realtà di cui 3700 però in liquidazione o in fallite. 

Il 2021 oltre ad essere l'anno del  registro è stato l'anno dell'amministrazione condivisa vale dire dell'applicazione di un supporto paritario nella progettazione degli interventi tra Terzo Settore e Pubblica Amministrazione.

Un focus è stato dedicato anche agli enti ecclesiastici e al 5 per mille, misura che, introdotta nel 2006, da provvisoria è diventata nel  2022 una forma di sostegno economico stabile, con 63.000 enti accreditati e 16,3 milioni di contribuenti.  

Il servizio civile universale inserito nell'ambito della riforma del Terzo Settore: dal 2017 ad oggi sono state oltre 265.000 i posti messi a bando con oltre 200.000 giovani avviati. Ogni anno sono però almeno 20.000 i giovani che restano esclusi.

Una delle maggiori sfide è sicuramente quella culturale: c'è bisogno di accrescere la consapevolezza della identità del Terzo Settore in quanto soggetto unitario perché mosso dalle medesime finalità sociali anche se se prevede diverse forme giuridiche per seguire la consapevolezza del suo valore sociale ed economico, del suo protagonismo nella realizzazione di partecipazione e sussidiarietà per raggiungere livelli più alti di benessere delle persone e delle comunità. Il tasso record di astensionismo sulle recenti elezioni politiche ci ricorda quanto sia forte nel paese il sentimento di distacco della politica e ci indica come strada maestra la maggiore partecipazione collettiva anche grazie agli strumenti dell'amministrazione condivisa e la valutazione di impatto sociale con i quali le associazioni svolgeranno un ruolo fondamentale. Nel piano culturale entra in gioco anche il 5 per mille per accrescere la consapevolezza nei cittadini dell'importanza di questo strumento per generare ricadute positive sul territorio in cui vivono. 

Il Servizio Civile Universale, grazie anche all'impulso della riforma, rappresenta uno dei luoghi principali in cui i giovani accrescono le loro competenze e imparano il valore della cittadinanza attiva.

 

 

(Crediti fotografici: iStock.com/ howtogoto)

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