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La maternità sia al centro della vita sociale ed economica del Paese

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Si sono tenuti da pochi giorni gli Stati Generali della Natalità animati dall'amico Gigi De Palo ospite dei nostri incontri di formazione. I dati sono sotto gli occhi di tutti, a partire da quelli demografici: il tasso di nascita è oggi il più basso dal 1860, i nati del 2022 sono precipitati a 392 mila, tanto che in Italia nel 2070 si prevede un calo della popolazione di 11 milioni; l'età media per il primo figlio è salita 32,4 anni, il numero medio di figli per donna è a 1,24, il rinvio  protratto nel tempo della decisione di avere un figlio si traduce  spesso in una rinuncia definitiva, le donne tra i 15 e i 49 sono un milione in meno rispetto al 2008. Si è pure invertito l'assioma secondo cui si fanno più figli nelle zone arretrate - in Italia, nel Mezzogiorno - perché sono una risorsa nell'aiuto per il lavoro e per la solidarietà intergenerazionale: oggi accade il contrario, si fanno  figli nelle zone più ricche del paese e si sfalda l'idea che il lavoro femminile fuori casa renda più difficile procreare.  

 

Per contrastare la denatalità sono due le strategie adottate dai governi in questi decenni: quella emergenziale volta a remunerare la procreazione con provvedimenti assistenziali e sgravi fiscali; quella strutturale e di medio-lungo termine che prevede investimenti nei servizi del welfare della cura, nell'occupazione femminile e nella parità salariale. L'Italia in questi ultimi anni ha scelto una via intermedia: bonus, il cosiddetto Family Act di Draghi con l'assegno unico universale e gli investimenti in asili con le risorse del PNRR.  

Ciò nonostante, siamo ancora una cenerentola. 

La verità è che nei confronti della maternità la nostra struttura sociale ed economica non è per nulla family friendly: l'occupazione femminile è tra le più basse d'Europa, gli asili nidi sono costosi e spesso introvabili,  i congedi parentali di difficile accesso e con padri scarsamente coinvolti. Abbiamo bisogno di un welfare di prossimità che assuma in pienezza il valore della cura oggi vissuto e presentato come tempo pesante e talvolta insopportabile per molte donne, un tempo sottratto "alla vita vera" si dice, piuttosto che una  fonte di generatività e creatività.

Abbiamo festeggiato la festa della mamma: parliamoci con franchezza, l'inverno demografico è l'inverno delle madri, sempre di meno, sempre più sole, sempre più ai margini del mercato del lavoro, penalizzate non solo rispetto agli uomini ma anche rispetto alle donne che hanno deciso di non aver figli. Se davvero si vuole invertire la parabola discendente della natalità in Italia, è la maternità che va rimessa al centro della vita sociale ed economica del paese, senza ideologie, praticando quel pragmatismo che le mamme conoscono bene.

La narrazione della festa della mamma un po' romantica, con una madre descritta e rappresentata come angelo del focolare, attorniato da rose e cuoricini è stata soppiantata da una  "dea Kali esausta, stremata, arrancante nel tenere in equilibrio precario una quotidianità fatta di cura familiare, lavoro fuori casa, impegni scolastici, gestione dei genitori e suoceri anziani...  Perché avere un figlio vuol dire spesso rinunciare alla carriera, se non addirittura al lavoro, vuol dire farsi da parte per pensare alla vita di un altro, vuol dire mettere in un cassetto sogni e aspirazioni", come scrive Monica D'Ascenzo.

Non solo una buona politica come si è detto a Roma, urgente e sperabilmente agìta con provvedimenti strutturali e duraturi, ma un cambio di prospettiva che metta tra i principali indicatori di benessere di una comunità la maternità, smettendo di guardarla come un disvalore sociale, un peso per le imprese e il mondo del lavoro, un problema per il welfare locale e le amministrazioni comunali, una spesa piuttosto che un investimento.   

Solo se guarderemo la maternità come  valore si uscirà dal quel ginepraio di riflessioni spesso velleitarie e strumentali, e si costruirà una via nella quale le donne di domani potranno decidere liberamente e senza fardelli se diventare madri o meno. 

 

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