(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Il 9 maggio si celebra la Giornata dell'Europa, quest'anno un anno significativo in quanto ricorrono i 75 anni della dichiarazione (nota come il "discorso dell'orologio", 1950) di Robert Schuman, ministro degli esteri francese che con la sua proposta gettò le basi della cooperazione europea.
Vorrei ritornare indietro con la memoria al tempo dei nostri genitori allora giovani, del cammino intrapreso dopo due conflitti mondiali, le dittature fascista e nazista, l'Europa divisa in due blocchi dalla cortina di ferro: senza troppa enfasi possiamo dire di aver assistito ad un "miracolo" perché grazie alla Unione europea siamo riusciti a vivere in pace per il periodo più lungo della storia del nostro continente, a prosperare e a diventare un faro nel mondo per la tutela delle libertà e dei valori democratici.
Un cammino compiuto un passo dopo l'altro, senza strappi, attraverso proposte e realizzazioni concrete. È qui che troviamo una chiave di lettura per comprendere quella stagione della ripartenza, animata da statisti generatori di processi politici concreti e allo stesso tempo con lo sguardo lontano, illuminati dai valori maturati negli anni della Resistenza. Nel suo discorso Robert Schuman dirà: "La pace mondiale non potrà mai essere salvaguardata senza compiere sforzi proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il contributo che un'Europa organizzata e vitale può recare alla civiltà appare indispensabile al mantenimento di relazioni pacifiche%u2026 L'Europa non è stata fatta, abbiamo invece avuto la guerra. L'Europa non si farà in una volta sola, né con una costruzione d'insieme, ma sulla base di realizzazioni concrete che dovranno creare, anzitutto, una solidarietà di fatto".
Dichiarazioni impegnative seguite, come già dicevo, da realizzazioni concrete che allora sono sembrate davvero piccoli semi, minuscoli rispetto alle sfide del tempo. Eppure la proposta di Schuman di dare vita alla creazione della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (Ceca) mettendo nelle mani di una autorità comune la produzione di due industrie che avevano causato due conflitti mondiali, diede avvio alla costruzione europea. Dopo la Ceca nata nel 1951, nel 1957 nasce la Comunità economica europea (Cee) che nel 1992 con il Trattato di Maastricht diventa Unione Europea. Sono passati 75 anni, ai sei paesi fondatori (Francia, Germania, Italia, Olanda, Belgio e Lussemburgo) se ne sono aggiunti altri 21 attraverso 5 successivi allargamenti con la sola defezione di quella britannica nel 2020.
E dopo 75 anni? A che punto siamo? La costruzione appare una incompiuta, in bilico tra la dimensione sovranazionale e quella intergovernativa che in questi ultimi decenni ha preso il sopravvento frenando il processo costituente verso una vera e propria federazione. La Ue è stata percepita come troppo burocratica e distante dalla vita reale, incapace di farsi capire dai cittadini sempre più scettici verso un progetto condiviso. Ma è davvero così? Sette decenni di pace ci hanno permesso di viaggiare, di vivere e lavorare in ogni angolo del Continente, con in tasca la carta di identità e usando la stessa moneta. Lo sanno bene i nostri giovani ma anche noi adulti abituati da tempo ad attraversare i vecchi confini senza più farci caso. Non solo, l'Europa ci ha salvato dai momenti più difficili, non ultimi la pandemia e la devastante crisi economica che ne è seguita.
Ora siamo di fronte ad un bivio esistenziale: l'aggressione russa all'Ucraina, la guerra in Palestina, l'assalto di Trump ai rapporti transatlantici annunciano un nuovo mondo, nuovi equilibri di potere nel mondo. Vogliamo esserne partecipi o siamo già rassegnati all'insignificanza buttando alla malora l'immenso patrimonio culturale sociale e politico di cui noi europei siamo depositari? Più che di sovranità nazionali non è giunto il tempo di cambiare lessico e parlare di sovranità e interesse europeo? E investire nella nostra autonomia, nella democrazia, nel valore della socialità e della solidarietà, nella libertà e nel rispetto della dignità di ogni persona, nella pedagogia Erasmus? Per una economia europea ancor più integrata e per questo in grado di gareggiare con quella statunitense, cinese, indiana%u2026
Non ci muoveremo con la logica neocoloniale e imperialista che si riaffaccia nello scenario mondiale ma con lo spirito indicato dai padri fondatori e non ultimo da Papa Francesco: "Europa ritrova te stessa! Ritrova dunque i tuoi ideali che hanno radici profonde. Sii te stessa! Non avere paura della tua storia millenaria che è una finestra sul futuro più che sul passato. Non avere paura del tuo bisogno di verità che dalla antica Grecia ha abbracciato tutta la terra. mettendo in luce gli interrogativi più profondi di ogni essere umano; del tuo bisogno di giustizia che si è sviluppato dal diritto romano ed è divenuto nel tempo rispetto per ogni essere umano e per i suoi diritti; del tuo bisogno di eternità, arricchito dall'incontro con la tradizione giudeo-cristiana, che si rispecchia nel tuo patrimonio di fede, di arte e di cultura".
Crediti fotografici: Boris15 / Shutterstock.com
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