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La gentilezza

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Non so se a voi succede, ma con gli anni che passano a me capita spesso di ri- innamorarmi delle parole scoprendo in esse un tesoro inestimabile di contenuti via via stratificati nei secoli che danno ragione della nostra cultura e dei valori in cui crediamo. Se nelle precedenti newsletter ho fatto cenno alla solitudine e all'avventura, vorrei dedicare alcuni pensieri alla parola gentilezza. Non a caso: gli ultimi eventi di cronaca che hanno visto coinvolti i giovani, soprattutto maschi, e il linguaggio greve, davvero da bar, di alcuni adulti nel commentare questi fatti, mi hanno colpito e interrogato. Davvero strano il tempo che viviamo: passiamo dal #metoo e da quel politically correct che ha messo fuori legge le parole che non vanno più dette pubblicamente, all'altra faccia della medaglia che, al contrario, consente battute oltre il dovuto con forme machiste e misogine davvero indecenti.

Questi episodi non sono forse la punta di un iceberg che riguarda il nostro modo di vivere e la confusione educativa in cui versa una società un po' persa, in  difficoltà a insegnare a ragazzi e ragazze i fondamenti di una convivenza radicata nella reciprocità, nell'autonomia e nel rispetto della libertà dell'altro? Ne ho fatto cenno in altre riflessioni, e mi sono dato questa risposta, inadeguata e frettolosa ma che penso un po' vera: ci siamo adagiati a vivere ad una sola dimensione, come scriveva Herbert Marcuse nel lontano 1964, e quella dominante oggi è l'orizzontalità, lo stare in superficie senza mai addentrarsi in quella verticale che va oltre la superficie e indaga la profondità del nostro agire, e il senso delle nostre relazioni che sono il cuore di una vita vissuta in pienezza.

Questo superficialismo imperante  talvolta prende anche noi, e prende soprattutto la nostra gioventù, o perlomeno una parte di essa, dettando uno  stile di vita spacciato per essere al passo coi tempi. Fa molto chic apparire frenetici e indaffarati (spesso a vuoto); è molto trendy sembrare annoiati, perennemente in ricerca e sentimentalmente disconnessi dal proprio corpo e da quello degli altri; è divertente una comunicazione balbettante e infarcita di battute e luoghi comuni. E' questo il tempo di molte movide, delle serata con sballo dominate da incontri last minute e dall'uso di sostanze insane. Una vita senza vita , povera di contenuti e di proposte culturalmente stimolanti, senza identità, senza comunità. Uno spazio distorto della realtà nel quale le relazioni sessuali si svuotano di senso, senza alcun rispetto per l'altro, per la sua storia e le sue sensibilità. Una vita senza vita, e poco gentile.

La gentilezza  non è solo rispetto delle regole del buon vivere. Se ci fermassimo a questo stadio rimarremmo sulla superficie. È qualcosa di più, è una forma di vita che non ha nulla a che vedere con la nostalgia come molti credono. Nello scautismo mi hanno insegnato che ci si educa al bene facendo il bene quotidianamente (ricorderete le battute ironiche sulla buona azione o sui fioretti di San Francesco). Se questo è vero possiamo dire, analogamente, che diventiamo gentili praticando la gentilezza tutti i giorni.

La ricetta è assai lunga, vi propongo alcuni ingredienti: evitiamo le parole che fanno del male, impariamo ad ascoltare le voci silenziose del dolore e della tristezza che si nascondono nel cuore delle persone che incontriamo; sintonizziamoci con il tempo interiore dell'altro, rinunciamo alla fretta e al tutto subito, aiutiamo i giovani al valore dell'attesa perché l'amore è davvero un gioiello raro e prezioso che vive solo di relazioni delicate e gentili, comprese quelle   sessuali. Sono alcuni ingredienti di un ricettario che voi arricchirete con la vostra esperienza di vita. 

Aggiungo una ultima nota: la gentilezza praticata è un medicamento che ci sostiene tutti giorni, soprattutto nei momenti nei quali la vita si fa faticosa o quando ci ritroviamo a vivere in ambienti trascurati e maleducati, vuoti e superficiali. È una fedele compagna di strada per arginare la solitudine e dare un cuore alla nostra associazione che ci aiuta a uscire dai confini del nostro io, a valorizzare la soggettività degli altri, a creare alleanze e amicizia, a non dimenticare il dovere di solidarietà e di accoglienza di tutte le persone che si avvicinano a noi.

Auguro giornate serene e di riposo, per rinfrancarci, pronti a ripartire con lo spirito di anziani avventurosi. 

 

 

(Crediti fotografici: iStock.com/ fizkes)

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