(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) L'inizio del nuovo anno si annuncia sotto il segno della speranza e della pace con la tregua a Gaza, della complessità internazionale con il nuovo corso alla Casa Bianca, e della crisi della partecipazione politica nel nostro paese.
Dopo la caduta del muro di Berlino eravamo convinti che il modello che legava indissolubilmente democrazia a libero mercato fosse ormai vincente. L'attentato alle Torri Gemelle del 2001 e poi la grande recessione del 2008 hanno modificato profondamente gli assetti internazionali con l'emersione di paesi non democratici in posizioni economiche dominanti come mai era accaduto. La coppia democrazia/libero mercato ritenuta inscindibile - se manca uno non vive l'altro - è stata smontata dalla realtà: si può crescere in benessere e prosperità anche senza la democrazia, la Cina ne è un esempio.
A questo si sono aggiunte le difficoltà all'interno delle nostre democrazie: sono aumentate le disuguaglianze e la concentrazione di immense ricchezze nelle mani di pochi; sono sempre più presenti le relazioni virtuali prodotte dai social. Domina la logica del qui e ora, di un presentismo che chiude al futuro, e del culto del tempo veloce e decisionista che ritiene una perdita di tempo lo spazio dedicato alla riflessione e al discernimento. Tutti elementi che hanno rinsecchito le procedure e i riti della democrazia che per statuto vive (o dovrebbe vivere) di consenso, condivisione e partecipazione.
Così prevalgono sentimenti di stanchezza, la partecipazione è ritenuta da molti una perdita di tempo tanto che in Italia, per la prima volta, nelle ultime elezioni europee meno della metà degli italiani è andata a votare. Se ne è parlato all'indomani dei risultati, lo hanno fatto tutte le forze politiche in campo ma passate le settimane tutto è tornato nel silenzio. Un peccato!
L'astensionismo è praticato per scelta: dai ceti "popolari" che vivono in condizioni economiche precarie, con i titoli di studio più bassi, ai margini della vita sociale; e seppur in forma minore, da quelli abbienti e più colti che vedono la politica sempre più lontana dal proprio vissuto.
In questo quadro, che dire complesso è dire poco, rispetto agli altri paesi europei l'Italia è il paese con il più alto tasso di astensione tra i giovani, una politica non più percepita come spazio per costruire futuro e praticare una speranza attiva. Una questione terribilmente seria, per lo più sottovalutata.
All'astensionismo per scelta si aggiunge anche quello involontario rappresentato dalle persone che hanno difficoltà di mobilità: sono più di 8 milioni, tra persone con disabilità che non si muovono da casa, e persone che per ragioni di studio e di lavoro si trovano lontani dal proprio Comune di residenza. Una fetta di cittadini che potrebbe essere recuperata alla partecipazione se si introducessero norme che consentano il voto anche in altro Comune o forme di voto alternative come quello per posta o il voto elettronico.
Processo irreversibile a cui rassegnarsi? Non è nelle nostre corde, la democrazia si cura non solo nel dovere di votare ma cresce anche nell'associazionismo, nella cittadinanza attiva che fanno così nel rinnovato impegno alla solidarietà e alla amicizia. Siamo stati testimoni e protagonisti di un percorso democratico di rinnovo degli organismi nazionali e territoriali della nostra associazione che ha dato l'opportunità a chi lo desiderava di candidarsi, e a tutti gli aderenti di conoscere i candidati e votarli. Abbiamo sperimentato con successo la doppia modalità di voto, per posta o per via telematica. Non abbiamo dato spazio alla pancia, a chi urla di più, alle semplificazioni, a retorici richiami identitari del passato come invece spesso accade nel confronto pubblico tra i partiti.
Abbiamo praticato e fatto scuola di democrazia. Ne siamo orgogliosi.
(Crediti fotografici: iStock.com/ Nicolas Micolani)
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