(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) È importante prestare attenzione ai dati di realtà, ci aiutano a ripensare le nostre scelte e a rimuovere i luoghi comuni che possono portarci a letture falsate e non vere.
Vi parlerò di un fenomeno, per lo più rimosso, che parla di un paese non invaso come spesso ci viene raccontato ma di un paese ancora emigrante. Se in Italia risiedono 5,3 milioni di persone straniere, sono 6,1 milioni gli italiani che vivono all'estero, aumentati dell'11,8% dal 2020.
Sono i dati proposti dal Rapporto annuale di Fondazione Migrantes sugli italiani nel mondo. Uno spaccato del nostro paese su cui riflettere. Si parla molto di immigrazione ma viene dimenticato l'altro fenomeno, quello dell' emigrazione altrettanto significativa di tanti italiani, forse troppi.
Ce ne accorgiamo quando con stupore leggiamo del personale sanitario che va all'estero perché meglio pagato e con tempi di lavoro più umani. Ce ne accorgiamo quando i laureati più promettenti scelgono l'estero per praticare la professione, ce ne accorgiamo quando i nostri giovani emigrano per lavorare in imprese straniere che valorizzano al meglio le loro competenze. Nell'ultimo viaggio in Polonia, a Varsavia, la guida che mi accompagnava, alla mia domanda di sempre: "quanti sono gli italiani che lavorano qui?" mi ha risposto "All'incirca 2000", giovani impiegati nelle grandi multinazionali residenti in Polonia. Sono rimasto per un po' ammutolito e incredulo: 2000 giovani a Varsavia!
Oggi la comunità degli italiani nel mondo, lo ricorda il Rapporto, a conti fatti rappresenta la 21esima Regione italiana. Solo nel 2023 si sono iscritti all'AIRE (Anagrafe Italiana Residenti all'Estero) 89.462 italiani con un aumento del 9,1%. Il 70% è almeno diplomato, in gran parte sono giovani, il Sud resta la principale terra di partenza con la Sicilia che si conferma la regione con la comunità di iscritti all'AIRE più numerosa, seguita poi da Lombardia e Veneto ma le partenze da tempo interessano sempre più l'intero territorio nazionale, incentivate negli ultimi anni anche dal fenomeno della mobilità previdenziale.
Anche se in proporzioni differenti rispetto al passato siamo tornati ad essere un un popolo di migranti, una grande mobilità che sembrerebbe indicare un indicatore di positività e un segnale di dinamicità in un paese sempre più bloccato. Ma non è così. Oggi questa emigrazione rappresenta una perdita secca per l'Italia e un impoverimento di capitale umano, soprattutto giovanile. Non solo, alle migrazioni verso l'estero si aggiungono le migrazioni interne verso altre regioni che determinano il lento spopolamento delle aree interne.
Perdiamo giovani e non riusciamo ad attrarne altri dall'estero, perdiamo abitanti nelle zone interne del Paese e siamo in piena crisi demografica. Bastano questi dati per interrogarci su quello che non funziona nel nostro modello economico e sociale, del perché non si valorizzano i talenti, non si danno salari giusti e servizi di welfare e di comunicazione alle famiglie che vivono nelle aree più decentrate del paese. Un deficit di futuro e una politica che da anni ci fa vivere nel presente, sul giorno dopo giorno attraversato da una emergenza dopo l'altra.
Siamo chiamati anche noi alla responsabilità, non rinunciamo a tessere e ritessere la tela delle tante speranze che si muovono nelle comunità. ANLA è parte di questa straordinaria avventura che è vivere la vita in pienezza nell'animazione della vita associativa e nella presenza pubblica.
Concludo con un sorriso, con un dato che ci fa onore: nel 2024 l'Italia si colloca in seconda posizione insieme a Francia Germania, dopo Singapore, per avere il "Passaporto d'argento" che consente l'accesso senza visto a ben 192 paesi (contro i 195 di Singapore). Questo significa, per i nostri giovani soprattutto, libertà di potersi spostare con facilità e di vivere da cittadini globali.
(Crediti fotografici: iStock.com/ mariobonanno)
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