(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) "La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l'impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità." (Piero Calamandrei)
Nel dibattito pubblico si evoca il termine "post democrazia" per definire la condizione nella quale la pratica democratica via via si impoverisce tanto da garantire solo libertà formali svuotate di ogni contenuto. Un processo che alcuni commentatori illustrano come inevitabile per le democrazie liberali come le abbiamo conosciute sino ad oggi, in un periodo storico impregnato da un individualismo aggressivo, dalla difesa dei diritti individuali piuttosto che di quelli collettivi. Si esalta il singolo, la sua centralità, il suo diritto/dovere di affermarsi e di esprimersi, il tutto a spese di ogni forma di solidarietà, partecipazione e tolleranza.
Ma come spesso abbiamo scritto noi non possiamo sopravvivere senza legami con gli altri: gli stessi imprenditori per garantire la vita alla propria azienda dipendono dall'attività di migliaia di persone; e tutti noi, che nella pandemia abbiamo riscoperto l'importanza dei beni comuni e dei servizi collettivi, e del lavoro di molti, spesso mal pagato e sottostimato.
Che ne sarà dunque della democrazia, dove siamo diretti? Solo le grandi multinazionali e la minoranza più ricca potrà influenzare il mondo della politica ? O c'è spazio perché tutti gli interessi siano tenuti presenti, in particolare quelli delle popolazioni più povere? Uno scenario distopico sarà il nostro futuro? O al contrario avremo una nuova consapevolezza, vivremo una "rinascenza" come taluni la definiscono? Dove può prendere avvio una riflessione necessariamente breve?
C'è una guerra in Europa, sempre più terribile: ciò nonostante siamo orgogliosi di appartenere a questo Continente, a Stati nazionali governati dal diritto scritto in norme costituzionali approvate dai Parlamenti e fondato sui diritti umani: dal rispetto della vita umana alla dignità della persona, dalla libertà di opinione e di autodeterminazione al valore delle diversità che animano lo spazio pubblico. Uno stato di diritto costruito sulla legalità, con regole scritte chiare - non gli umori di alcuni o della cosiddetta opinione pubblica - che determinano l'agire di coloro che guidano il paese. Principi difesi mediante la separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, e nel bilanciamento dei diritti e doveri che garantisce l'effettiva collegialità nei processi decisionali.
È questa la democrazia che hanno voluto donare i padri costituenti alle nuove generazioni, i nostri nonni, i nostri genitori. Si dirà: ma questa democrazia non è più adeguata, le procedure richiedono tempo, confronto e compromesso, reciprocità e spirito critico, esercizio responsabile delle libertà che è conquistata e al contempo rischio. Parole desuete, poco "efficienti" e "perditempo" rispetto all'abbagliamento provocato dal mito del decisionismo nelle mani di pochi, o dall'apparente efficientismo di sistemi privi di regole chiare e di contrappesi. Post democrazia, democrature, democrazia illiberale... ecco le "parole nuove" che emergono nel dibattito pubblico.
"Amare quello che sarà" è ritrovare il contenuto della parola democrazia che da troppo tempo diamo per scontata. Anche la parola Repubblica va riconquistata al suo significato. "L'Italia è una Repubblica democratica" recita l'articolo 1 della Carta fondamentale. E per Repubblica i nostri padri indicano sia il complesso dei pubblici poteri che compongono l'intero ordinamento (i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni, lo Stato) sia l'intera comunità politica e sociale sulla quale si fonda ogni forma istituzionale organizzata. Il popolo - altra parola abusata - non è solo destinatario di decisioni ma ne è partecipe e artefice attraverso le sue istituzioni civili: famiglie, associazioni, minoranze linguistiche, confessioni religiose, scuole e università, sindacati e partiti politici, cooperative e imprese. Noi ANLA ne siamo parte con orgoglio e responsabilità.
Come ha scritto Marta Cartabia, la vita della Repubblica che emerge dall'ordito della Costituzione assomiglia molto a quella che Toqueville descriveva nel suo viaggio in America: "un corpo sociale insonne, in fermento tanto nella vita politica come nella società civile, impegnato in un movimento continuo, in cui tutti gli uomini marciano insieme verso un unico scopo; ma non tutti sono tenuti a marciare nella stessa via".
È questa l'Italia che amiamo.
(Crediti fotografici: iStock.com/Stefano_Pellicciari)
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