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Italia, 25 aprile 2022

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) "La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l'impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità." (Piero Calamandrei)

Nel dibattito pubblico  si evoca il  termine  "post democrazia"   per definire la condizione nella quale  la pratica democratica via via  si impoverisce tanto da  garantire solo libertà formali svuotate di ogni contenuto. Un processo che alcuni commentatori illustrano come  inevitabile per le democrazie liberali  come le abbiamo conosciute sino ad oggi,  in un periodo storico  impregnato da  un individualismo aggressivo, dalla    difesa dei diritti individuali piuttosto che di quelli collettivi. Si esalta il singolo, la sua centralità, il suo diritto/dovere di affermarsi e di esprimersi, il tutto a spese di ogni forma di solidarietà, partecipazione e tolleranza.  

Ma come  spesso abbiamo scritto noi non possiamo  sopravvivere senza legami con gli altri:  gli stessi  imprenditori per garantire la vita alla propria azienda  dipendono dall'attività di migliaia di persone; e tutti noi,   che nella pandemia abbiamo  riscoperto   l'importanza dei beni comuni e dei servizi collettivi, e  del lavoro di molti,   spesso  mal pagato e sottostimato.

Che ne sarà dunque della democrazia, dove siamo diretti?  Solo le grandi multinazionali  e la minoranza più ricca  potrà influenzare il mondo della politica ? O c'è spazio perché tutti gli interessi siano tenuti presenti, in particolare quelli delle popolazioni più povere? Uno scenario distopico sarà il nostro futuro? O  al contrario avremo una nuova consapevolezza, vivremo una  "rinascenza" come taluni la definiscono? Dove può prendere avvio una riflessione necessariamente breve? 

C'è una guerra in Europa, sempre più terribile: ciò nonostante siamo  orgogliosi di appartenere a questo Continente, a   Stati nazionali   governati dal  diritto  scritto in   norme    costituzionali  approvate dai Parlamenti  e fondato sui diritti umani:   dal rispetto della vita umana alla   dignità della persona, dalla  libertà di opinione e di autodeterminazione al  valore delle  diversità che animano lo spazio pubblico. Uno stato di diritto   costruito sulla legalità, con  regole scritte chiare - non gli umori di alcuni o della cosiddetta opinione pubblica -     che determinano l'agire di coloro che guidano il paese. Principi difesi  mediante la separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, e nel bilanciamento dei diritti e doveri che garantisce  l'effettiva collegialità nei processi decisionali. 

È questa la democrazia che hanno voluto donare i padri costituenti alle nuove generazioni, i nostri nonni, i nostri genitori. Si dirà: ma questa democrazia  non è più adeguata, le procedure   richiedono tempo, confronto e  compromesso, reciprocità e spirito critico, esercizio responsabile delle libertà che è conquistata e al contempo rischio.      Parole  desuete, poco "efficienti" e "perditempo"  rispetto all'abbagliamento  provocato dal  mito del decisionismo  nelle mani di   pochi, o dall'apparente efficientismo di sistemi privi di regole chiare e di contrappesi. Post democrazia, democrature, democrazia illiberale...  ecco le "parole nuove" che emergono nel dibattito pubblico. 

 

"Amare quello che sarà" è  ritrovare il contenuto della parola democrazia che da troppo tempo diamo per scontata. Anche la parola Repubblica va riconquistata al suo significato. "L'Italia è una Repubblica democratica" recita   l'articolo 1 della Carta fondamentale. E  per Repubblica i nostri padri    indicano sia  il complesso dei pubblici poteri che compongono l'intero  ordinamento (i Comuni, le Province, le Città  metropolitane, le Regioni, lo Stato) sia    l'intera comunità politica e sociale sulla  quale si fonda ogni forma istituzionale organizzata. Il popolo - altra parola abusata - non è solo  destinatario di decisioni ma ne è partecipe e artefice attraverso le sue istituzioni  civili: famiglie, associazioni, minoranze linguistiche, confessioni religiose,  scuole e università, sindacati e  partiti politici, cooperative e imprese. Noi ANLA ne siamo parte con orgoglio e responsabilità. 

Come ha scritto Marta Cartabia, la  vita della Repubblica che emerge dall'ordito della Costituzione assomiglia molto a quella che Toqueville descriveva nel suo viaggio in America: "un corpo sociale insonne, in fermento tanto nella vita politica come nella società civile, impegnato in un movimento continuo, in cui tutti gli uomini marciano insieme verso un unico scopo; ma non tutti sono tenuti a marciare nella stessa via".

È questa l'Italia che amiamo. 

 

 

 

 

(Crediti fotografici: iStock.com/Stefano_Pellicciari)

 

 

 

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