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Incrementare l'occupazione femminile

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) In base agli ultimi dati Istat  il numero delle lavoratrici è aumentato del 42,2%, un segnale positivo ma come sempre i numeri vanno interpretati e confrontati. E dobbiamo constatare, nonostante il miglioramento, che siamo ancora  il Paese con le percentuali più basse: in Europa il dato medio si attesta al 46,3% sul totale dei lavoratori, il 77% in Germania e 65% in Francia sul totale delle donne occupabili. In Italia  sono circa 990 mila le donne disoccupate e 8 milioni le donne inattive che non cercano lavoro. Permane il divario territoriale tra nord e sud, le lavoratrici sono concentrate in sanità e istruzione e comunque nelle qualifiche più basse; il part time e i contratti a tempo determinato sono più diffusi tra le giovani donne, il gap retributivo è di quasi 8.000 €  nell'area del privato e di quasi 10.000 € nel pubblico. Verrebbe da dire, niente di nuovo. 

Nonostante l'evidenza  certa che la bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro sia una delle cause della debolezza della nostra economia poco si fa, passano i Governi ma nulla cambia. E la risposta che mi do - mi scuserete della franchezza - è che nulla cambia perché il sistema economico e sociale attuale non può fare a meno della bassa occupazione femminile. Le donne in Italia fungono da ammortizzatori sociali, servono al funzionamento del nostro sistema di welfare edell'economia, sono lavoratrici a tutti gli effetti  ma senza retribuzione. Un esempio? Durante la pandemia  le nostre scuole sono state chiuse come in tutti i paesi europei, ma in Italia le settimane di interruzione sono state ben maggiori, quasi tre volte di più rispetto alla Francia.  Come abbiamo potuto reggere così a lungo le chiusure delle scuole? La risposta la troviamo nei dati che vi ho presentato: a differenza di altri paesi europei, noi abbiamo un "esercito" di mamme "non lavoratrici" a disposizione per fare le maestre in emergenza. Nei paesi con un più alto tasso di occupazione femminile interruzioni scolastiche così prolungate sarebbero state ingestibili e impopolari.

Scrivevo nulla cambia sebbene l'agenda, sulla carta, sia già scritta. 

Per incrementare l'occupazione femminile, in primis, occorre una nuova   infrastruttura  sociale a partire dai servizi di welfare. In Italia i bambini  in età compresa tra i 0 - 3 anni che trovano posto negli asili nido sono solo il 28%, e se il PNRR meritevolmente aveva messo a disposizione 4,6 miliardi per 246.000 posti in più, con la nuova riformulazione i posti sono stati ridotti a 150.000. Aggiungo  una grave dimenticanza (si fa per dire): oltre che costruire nuovi asili occorre mettere a bilancio anche  l'assunzione di personale i cui costi non sono compresi nel PNRR, ma di questo non vi è traccia nelle Leggi di Bilancio approvate in questi ultimi anni. Per non parlare dei servizi di welfare alle persone anziane non autosufficienti curate a casa da un "esercito" di donne caregiver: abbiamo una buona  riforma  approvata nel 2023 ma con risorse tanto insufficienti  da mettere a rischio l'avvio del processo riformatore.

Il secondo capitolo dell'agenda è quello dedicato alle imprese: bene gli sgravi fiscali per le assunzioni, bene i punteggi premiali previsti negli appalti collegati alla certificazione della parità di genere delle imprese, come pure i tanti e troppi bonus. Ma sono provvedimenti a termine, a spot, occorre qualcosa di più strutturato  sul fronte della fiscalità (per esempio un quoziente familiare a misura del nostro paese) e una stagione concertativa tra imprese e famiglie sostenuta, ciascuno con le proprie responsabilità, dalle istituzione e dalle organizzazioni datoriali e sindacali. Una alleanza a favore della genitorialità e della cura che garantisca continuità di carriera alle madri da sempre le più penalizzate, che concili i tempi della vita lavorativa con quella privata, che metta al centro il benessere dei lavoratori con un welfare aziendale non più proposto come benevola regalia, un benefit  gentilmente concesso, ma un elemento strutturale della strategia aziendale. Il codice di autodisciplina delle imprese responsabili in favore della maternità firmata dalla ministra Roccella nel 2023 è un segnale importante.

Aggiungo una conclusione finale che potrà sembrarvi fuori misura: più occupazione femminile produrrà più "buon lavoro" nell'azienda, luogo e  spazio comunitario  nel quale si incontrano virtuosamente i bisogni dell'impresa (valorizzazione del brand e territorio, produttività e crescita sostenibile) e quello dei lavoratori (benessere, conciliazione tra vita lavorativa e vita privata, formazione e valorizzazione dei talenti,  giusto salario). Su questa frontiera assicuriamo che i gruppi aziendali aderenti ad Anla faranno la loro parte.

 

(Crediti fotografici: iStock.com/ Ridofranz)

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