(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Assieme alla solitudine, c'è un altro virus che si sta diffondendo nelle società democratiche: è il virus della paura sparso a piene mani nel cuore delle persone e diffuso dalla cattiva comunicazione e dalla cattiva politica. Entra nelle nostre menti piano piano, spinge ad isolarci e a non fidarci più, e a leggere la realtà negando la sua verità. I muri, le barriere, i sistemi di allarme nelle case, la "chiamata alle armi", le telecamere oramai dappertutto, la legittima difesa che può farsi vendetta e violenza gratuita sono solo la punta di un iceberg.
Il virus della paura per propagarsi ha bisogno di parole e narrazioni costruire ad hoc, e soprattutto di un capro espiatorio. Sono i migranti, tutti i migranti, che minacciano la nostra vita e la nostra cultura, invadendoci in ogni dove. Sono gli anziani, gli adolescenti fragili, le coppie gay. Sono le difficoltà economiche di molti - purtroppo - che danno fiato alla cultura del complottismo e dei poteri occulti dando mano libera a quelli che il potere ce l'hanno davvero. Un capro espiatorio o l'invenzione di un nemico, l'annuncio di un imminente attacco all'Europa per giustificare il ricorso al riarmo e ad un bellicismo insensato come ci rammenta da anni Papa Francesco. Chi usa la paura inevitabilmente si accartoccia sulle sue dichiarazioni, si contraddice, dichiara e smentisce un attimo dopo, illude le persone che i problemi comuni verranno risolti in tempi brevi. Ma la paura per sua natura è incapace di risolvere i problemi delle comunità, come i nostri personali: il tempo affascinante e libero della anzianità vissuto nella paura si trasforma in un conto alla rovescia verso la fine portando con sé depressione e tristezza.
Il vaccino più potente che può ridurre il contagio è la speranza alla quale Papa Francesco ha dedicato il Giubileo e che insieme vivremo come Associazione. Ma la speranza va spiegata, è anch'essa sottoposta a manipolazioni da parte di chi non la ama. Non è una virtù ingenua, per anime belle e neppure un album di buone intenzioni.
È anzitutto una virtù personale, uno stile di vita che guarda la realtà con verità e amore, e che si fa carico delle paure e delle fragilità dando ad esse una prospettiva di vita buona, un senso, una direzione. È capace di scorgere nella ferialità i germogli di amicizia che fioriscono attorno prendendosene cura anche di fronte alle intemperie che sopraggiungono. La speranza è "natale" per riprendere un concetto caro ad Hannah Arendt, non siamo nati per essere mortali e per sopravvivere, ma per esseri "natali": viviamo la vita nella convinzione che le parole, i gesti e le scelte che compiamo, comunque vada, sono giuste perché innestate nel valore e nella dignità del nostro essere persona, come scrive Papa Francesco: "sentite tutta l'importanza delle parole. Non sono mai soltanto parole, sono fatti che costruiscono gli ambienti umani. Possono collegare o dividere, servire la verità o servirsene. Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disamare la Terra".
La speranza è anche una virtù che indica la via del buon governo e della buona politica. Non alimenta divisioni, non usa parole di violenza o di provocazione, non agisce la forza per prevaricare l'altro. La politica della speranza rispetta le diversità, non demonizza l'avversario e non rinuncia a trovare una sintesi che unisca il più possibile la comunità. Non è spaventata dal dialogo esigente e dall'ascolto delle ragioni altrui, si premura di non tranciare i legami sociali già soggetti ad un processo di sfilacciamento sempre più profondo e preoccupante. È realista, indaga la realtà con onestà, la conosce in tutte le sue pieghe e discerne con saggezza per decidere per il più bene possibile. Rifugge il cinismo di chi la realtà la conosce ma ci si accomoda e la strumentalizza per i suoi scopi. E non ama neppure i falsi sognatori che la realtà non l'accolgono, intenti solo a fare buone dichiarazioni di principio.
(Crediti fotografici: iStock.com/ Liudmila Chernetska)
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