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Genitori e figli

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Un centinaio di esperti di diverse discipline - soprattutto giuristi, medici, psicologi, sociologi e filosofi - di 75 nazionalità diverse si sono ritrovati a Casablanca nel mese di marzo per firmare  la dichiarazione che chiede il bando globale della surrogazione di maternità e l'adozione di una convenzione internazionale  vincolante per gli Stati che la ratificano. Sui temi spinosi della genitorialità e filiazione - soprattutto delle coppie omosessuali -   si è acceso un dibattito nel Paese spesso troppo ideologico che non aiuta un confronto serio e responsabile tra le diverse posizioni su tematiche assai delicate e complesse. Stiamo parlando della pratica con cui una donna si obbliga contrattualmente a portare avanti una gravidanza per i cosiddetti genitori intenzionali o committenti.

Mi permetto di offrirvi la mia riflessione, senza nulla togliere alla libertà di ciascuno di noi di aver una posizione diversa.

 

Sono 20 i paesi nel mondo che hanno legalizzato con diverse modalità la "gravidanza per altri" (GPA): Australia, quattro stati USA, Regno Unito, Canada, Bielorussia, Russia, Kazakistan, Georgia, India, Israele, Messico, Nepal, Thailandia, Guatemala, Cipro, Grecia, Belgio, Repubblica Ceca, Islanda. Nella proposta di convenzione di Casablanca nessuna variante è ritenuta accettabile: un bambino deve essere generato e non prodotto; la pratica della surroga viola la dignità umana e contribuisce alla mercificazione delle donne e dei bambini, spezzando il processo riproduttivo umano unico a se stesso  e irripetibile, generato da una  donna e da un uomo anch'essi unici e irripetibili. Per questo occorre chiamare le cose con il loro nome:   "utero in affitto" è un termine crudo, lo so, ma dice con chiarezza di cosa stiamo parlando. Le definizioni di   "gravidanza per altri", o di "gravidanza altruistica o solidale"   sono termini che vogliono rendere la pratica accettabile quando in realtà sappiamo che si tratta comunque della stipula di un contratto commerciale, asimmetrico tra i contraenti, perché la gestante si trova sempre in una posizione di debolezza. Non solo, contrastiamo la logica della compravendita del corpo della donna gestante, e difendiamo il diritto alla identità genetica-biologica del bambino, preziosa sul piano sanitario giuridico e psicologico, e   fondamentale per la costruzione del processo di crescita personale, come pure difendiamo il diritto  di vedersi riconoscere  i propri genitori. Questo sulla maternità surrogata. 

Nella polemica si è parlato dei bambini invisibili, dei bambini di serie b. Anche qui proviamo a capire. Il padre biologico che arriva in Italia con il bambino nato da una surrogata lo iscrive all'anagrafe senza alcun problema: da quel momento  ha tutti i diritti e le tutele di qualsiasi altro bambino. La questione si pone per l'altro genitore  "intenzionale" che deve invece intraprendere la via indicata dalla legge 184/93 che all'articolo 44 prevede "l'adozione in casi speciali", la stessa procedura che segue un uomo che sposa una donna che da nubile ha avuto un figlio. Gli automatismi pretesi dalle coppie omosessuali non sono consentiti dalla legge italiana che tra l'altro punisce la pratica della maternità surrogata. Come se ne esce fuori? La recente sentenza della Corte di Cassazione suggerisce la modifica della legge sulle adozioni, nel senso di consentire l'adozione del figlio del partner (la cosiddetta step-child adoption) purché passi attraverso una preventiva valutazione di idoneità da parte del giudice minorile, quindi senza automatismi.

Non solo, come Associazione ci facciamo attenti ad una riforma organica della legge sulle adozioni e  affidi,   che acceleri e semplifichi le procedure delle domande (e l'idoneità) di adozione  da sempre superiori rispetto ai bimbi adottabili. Va da sé che al centro devono rimanere sempre il bene del minore e non il desiderio dell'adulto. L'attuale legge prevede che possono fare domande di adozione soltanto le coppie eterosessuali sposate da almeno 3 anni, l'idoneità all'adozione viene concessa o meno da un giudice al termine di un percorso di verifica sugli aspiranti genitori, per averla ci vogliono dai 12 ai 16 mesi attraverso incontri con psicologi, assistenti sociali e psichiatri. Nell'articolo 44 "adozioni in casi speciali" possono accedere anche i single e diventare genitori adottivi, come pure le coppie che oggi chiedono l'adozione del figlio del partner, procedure sempre sottoposte al vaglio della giustizia minorile.

Il dato odierno sulle adozioni parla di una crisi globale. Sul fronte internazionale sono sempre meno le coppie che chiedono di poter adottare: se nel 2008 furono adottati 3977 minori arrivati da paesi dell'Est Europa, da Asia e Sudamerica, nel 2012 erano scesi a 2462, nel 2021 sono stati 563. Sul fronte delle adozioni nazionali la situazione in percentuale è sempre uguale a se stessa: ogni 10 copie che presentano la domanda c'è ne solo una che diventa famiglia; nel 2021 su 7970 fascicoli gli adottati sono stati 866. 

Perché non sostenere con più personale e risorse il desiderio sano di genitorialità?

 

(Crediti fotografici: iStock.com/ Motortion)

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