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Fragilità e prossimità

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Vorrei tornare su un tema a noi caro e parlarvi del tempo dell'anzianità, delle persone - come mi piace dire -   che "sono venute prima", che hanno cioè una esperienza di vita lunga o una attività lavorativa matura. Un presidio solido di anzianità si è mostrato di recente nelle tragiche vicende ucraine: nonni e nonne con le mani nelle mani di figli e nipoti, persone adulte impegnate nelle opere di soccorso, coppie rimaste in città per presidiare la propria casa lasciando che quelli che "sono venuti dopo" trovino un rifugio sicuro. Per anni nelle tesi  presentate in convegni e seminari sono prevalsi  i tratti della vulnerabilità, della solitudine, della vita rassegnata, accanto alla quale si affianca   la narrazione, becera e senza alcun fondamento oggettivo,  della presunta contrapposizione tra le generazioni: gli anziani rubano il futuro ai giovani si dice! È una battuta da talk show che non spiega come l'alta disoccupazione giovanile, la dispersione scolastica, i 2 milioni di giovani inattivi, il tasso di laureati tra i più bassi in Europa, i bassi salari, siano davvero  imputabili alla persone anziane.

Persino i corpi anziani sono stati censurati per decenni (unica eccezione è il mercato dell'economia "argento", la silver economy) contrapposti al modello sociale prevalente informato su potenza e  perfezione fisica, su velocità, frenesia e nevrosi; una cultura che ha rimosso volutamente la fastidiosa fragilità come aspetto strutturale (ma che la pandemia ha disvelato) della nostra umanità. Lo siamo sempre, da bambini, nella stagione di mezzo, nella terza e quarta età. Vi parlo della fragilità non come rassegnata accettazione di un destino ineludibile, bensì come dimensione che, accolta nella sua bellezza, può rendere migliori e più felici i nostri giorni. La fragilità richiama il rispetto dell'altro, l'umiltà, la mitezza, la pazienza, la prudenza. È una questione di spirito, poi, va da sé, c'è anche quella fisica soprattutto quando giunge la malattia. 

Se condividiamo questo approccio proverei a tracciare   qualche traiettoria di lavoro, con un anticipo: le due parole chiave che su cui soffermarmi sono fragilità - prossimità, prossimità al mondo degli anziani in particolare per avversare la cultura dello scarto diffusa più di quanto si creda. Aprire spazi agli anziani è segno di civiltà perché essi sono la sapienza della vita e i veri protagonisti-tessitori di comunità più fraterne.

La prima traiettoria è quella sociale-sanitaria che metta al centro la vita e il benessere delle persone. Si può allungare la vita ma non la qualità della vecchiaia, molti avrebbero bisogno di attenzioni e cure, non solo farmacologiche. La salute non è solo fisica ma interiore e dipende dalla pienezza relazionale, affettiva e spirituale. Per questo occorre aprire una riflessione sulla natura e sulle finalità delle prestazioni sanitarie, assistere gli anziani non vuol dire necessariamente ospedalizzarli, ma laddove possibile fornire assistenza domiciliare, e qualora necessitino di ricovero fornire attenzioni e cure   non puramente mediche, una presa in carico che metta al centro il benessere complessivo della persona. Per raggiungere questi obiettivi occorrono (Pnrr?) riforme orientate a dare un concreto sostegno alle famiglie perché gli anziani possano essere realmente inclusi e accuditi nel nucleo familiare o nelle comunità di origine. 

Seconda traiettoria. Il Covid, e non ultima la guerra in Ucraina, ci propone davvero un nuovo modello antropologico, peraltro donato con un sorriso proprio dall'anzianità, generatore di una azione trasformatrice che coinvolga tutta la comunità. La fragilità    non è debole, il suo passo è lento sì, ma profondo, porta con sé la memoria del passato e una vita vissuta. Perché dunque non rimettere a valore parole "scadute" per decenni come prossimità fragilità, lentezza, memoria, cura, gentilezza nei confronti di una società  accelerata e insostenibile, confusa e in affanno?

Non ultimo i nostri nipoti e il rapporto con i giovani: per ANLA è un asso strategico e fortemente identitario. Molti   studi internazionali evidenziano il ruolo dell'apprendimento intergenerazionale come modello formativo e fattore di sviluppo in molteplici ambiti, non solo familiare ma, ad esempio, anche occupazionale, per accrescere fiducia, competenze, conoscenza, trapasso nozioni. Nel rapporto educativo giovani-anziani si costruisce un modello pedagogico innovativo e inclusivo che propizia il recupero della pienezza della vita in ogni età. Come il bambino non è un uomo diminuito, neppure l'anziano non è un adulto svuotato: la vita è tutta, in tutte le età della esistenza. Nulla può essere sprecato o smarrito.

 

 

 

(Crediti fotografici: iStock.com/ JodiJacobson)

 

 

 

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