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Emergenza abitativa

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Accade spesso che per  giorni un tema venga discusso, sviscerato in tutti i suoi particolari,  con a seguito polemiche e prese di posizione spesso strumentali, e che poi sparisca nel nulla, passando ad altro. Lo fa la politica, lo fanno   i giornali e gli opinion leader. È accaduto per le proteste dei giovani universitari attendati nei giardini e nei piazzali delle università italiane: tante promesse, tanti impegni e poi, in un battibaleno,  il silenzio su tutto. Non è il nostro stile, a noi adulti anziani piace analizzare e approfondire e, se siamo capaci, offrire qualche soluzione. 

Torniamo sulle questioni poste dai giovani universitari sul caro affitti per gli studenti fuori sede, meritevoli ma con un reddito insufficiente per esercitare il diritto fondamentale allo studio garantito dalla Costituzione, e aggiungo sulla  mancanza di alloggi per molte famiglie  povere.

Università Sapienza, Roma

 

Non se ne parla tanto, ma l'emergenza abitativa è una delle punte più problematiche del più ampio disagio sociale che coinvolge fasce sempre più ampie di popolazione, con il paradosso che cresce il numero di persone che non possono permettersi una casa e diminuisce la capacità dello Stato di garantirgliela. Un'analisi di Nomisma del 2020 stimava in 1 milione e mezzo le famiglie in disagio abitativo grave, per lo più persone anziane, mamme sole con figli disoccupati o con disabilità, famiglie con un solo reddito, famiglie straniere spesso ai margini della città, in affitto ma con un canone che mangia buona parte delle loro entrate. Aggiungo che l'emergenza si acuirà con la fine degli aiuti covid: sono 150.000 le famiglie sotto sfratto alle quali se ne aggiungeranno probabilmente altre 300.000 nei prossimi mesi. 

A fronte di queste emergenze le case popolari disponibili sulla carta sono  785.000, per tre quarti di proprietà delle Regioni, il restante dei Comuni; sono solo il 3% del totale delle abitazioni, un dato tra i più bassi in Europa. Poche abitazioni e un sistema in difficoltà: negli anni  gli inquilini sono diventati sempre più poveri, il canone medio si è abbassato, le morosità sono salite costringendo gli enti a vendere per salvare i loro bilanci.

Accanto alla carenza di abitazioni in affitto, nelle città si è aperto un altro fronte. Gli studenti in tenda nei principali atenei sono la fotografia di una situazione ormai inaccettabile: in Italia sono 60.000 le residenze pubbliche universitarie a fronte di 500.000 studenti fuori sede. In Inghilterra sono 780.000 i posti disponibili,   370.000 in Francia, 314.000 in Germania, distanze davvero abissali.

Un altro fenomeno che - si dice -  incide sul caro affitti e sulla carenza abitativa sono i cosiddetti affitti brevi, i bed and breakfast. Un tema controverso. Chi li difende, chiede di non soffocare un settore con un indotto miliardario a favore delle piattaforme digitali, di piccoli e grandi proprietari, e che poco ha a che fare con la carenza abitativa visto che occupano solo il 2% dei 9,5 milioni di abitazioni sfitte. I vantaggi per i proprietari sono noti: il rendimento di un affitto turistico è superiore a quello di un affitto tradizionale, è flessibile, si mantiene la disponibilità della casa e non si rischiano  morosità. Chi è contrario, si appella alle esperienze di altri paesi europei  che regolano il mercato B&B con registri gestiti dai Comuni, con licenze contingentate e tetti al numero di notti in vendita, e accusa le abitazioni date in affitti brevi di desertificate i centri storici delle città espellendo le famiglie con la conseguente riduzione di servizi e negozi di vicinato.

Come se viene fuori?

Anzitutto rimettendo in agenda una seria politica per la casa abbandonata oramai da decenni.   Un nuovo patto tra pubblico, privato e privato sociale per un piano di edilizia residenziale pubblica a canone sociale finanziata con il 2% del bilancio pubblico, senza  consumo di suolo, recuperando le aree dismesse, e tassando il patrimonio immobiliare vuoto e inutilizzato. Si calcola che avremo bisogno di almeno 200.000 nuove unità per rispondere all'emergenza abitativa. Non partiamo da zero, le esperienze di Housing sociale gestite da Fondazioni di Terzo Settore, con abitazioni a prezzi calmierati e  con spazi e servizi condivisi, sono esperienze di successo e diffuse in alcuni territori, soprattutto in Lombardia.

Andrebbe ripristinato il fondo per gli affitti e per morosità incolpevole (300 milioni) e dare più risorse ai Comuni per rimettere in ciclo i 55 mila  alloggi di edilizia residenziale pubblica oggi vuoti perché vanno ristrutturati e non ci sono risorse per farlo.

Per gli studenti universitari fuori sede, i 600 milioni promessi dal governo - parte dei 960 già previsti  dal PNRR per le residenze studentesche -   in realtà servono per sostenere convenzioni tra università e privati che accettano di mettere a disposizione le residenze fino al 2026 e solo  nei periodi di didattica. Niente di strutturale, finite le risorse come si andrà avanti?

 

(Crediti fotografici: iStock.com/ rarrarorro)

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