(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Fra qualche giorno festeggeremo la Pasqua, e se durante la domenica delle Palme ci siamo trovati inondati sui social e nelle email di colombe con il ramo di ulivo, a Pasqua giungeranno certamente le uova confezionate e dipinte nelle più svariate colorazioni e composizioni. Se il Natale è ormai la festa di Babbo Natale sulla slitta con le renne che volano per portare doni ai bambini del mondo, la Pasqua é quella delle uova di cioccolato. In un recente dibattito pubblico al quale ho partecipato, alcuni hanno teorizzato che Natale e Pasqua sono feste laiche per tutti, non identitarie, aperte e disponibili all'incontro con le diversità. È meglio che Il contenuto religioso rimanga ai margini, si diceva, ma tralasciano il fatto che in tal modo si lascia il campo libero al consumo fine a se stesso, ad una forma di omologazione sociale luccicante e povera di diversità.
Ma è davvero questa la via da intraprendere? Non è che negando ogni traccia religiosa la festa della Pasqua perda la dimensione di significato e di senso che offre magistralmente il racconto della morte e della resurrezione (per chi crede) di Gesù Cristo? Non è questa una forma di laicità maleintesa e poco aderente al dettato costituzionale che al contrario accoglie la dimensione religiosa come parte integrante e vitale dell'esperienza umana, nel rispetto dei significati che ognuno di noi intende darle?
Noi abbiamo ancora le parole per dirci buona Pasqua, laicamente e altrettanto consapevoli del dono di significati che ci consegna il Vangelo.
Possiamo dire che la Pasqua è la festa della speranza, non quella utopica, immobile e in attesa che giunga l'alba come nel Deserto dei Tartari di Dino Buzzati. È al contrario l'attesa trepidante che ci abilita a trasformare in fraternità i percorsi che attraversano la nostra vita. È una cena di amicizia per ritrovarsi, rinserrare le file, per rinnovare il mandato, un convivio talvolta segnato anche dalla paura, dall'abbandono come è accaduto nell'ultima cena.
Non è neppure una speranza intimistica ed effimera: è invece resistente, guarda la vita abitando il presente, non "scende mai dalla croce" .
La Pasqua si lascia contagiare dalla gioia che sgorga da una vita gentile e sobria, nonostante le brutture, le violenze che ci circondano. È la giornata che ci ricorda la bellezza del condividere, del correre insieme come fanno Pietro e il discepolo più giovane, che va più veloce di Pietro ma che poi lo attende prima di entrare nel sepolcro, perché l'avventura della vita si vive insieme con gli altri e con le persone che ci sono care.
Buona Pasqua
(Crediti fotografici: iStock.com/Alex Koschny)
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