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Avventura

(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Mio padre, alla domanda se avesse sbagliato qualcosa nella vita, e se nel caso fosse tornato indietro cosa non avrebbe fatto, mi rispondeva con granitica certezza che avrebbe rifatto tutto. Io non sono per nulla  certo come lo era lui, e se tornassi indietro, con l'esperienza maturata negli anni, forse, su alcuni passaggi della mia vita aggiusterei il tiro. 

Il ricordo di questo scambio di battute con mio padre mi è utile per riflettere sul  rapporto tra il tempo passato e la trama che ci unisce al presente - oggi un po' affannato - e al futuro assai incerto.   Una trama che per essere raccontata ha bisogno di una mappa stradale che  indichi gli incroci, i semafori, i luoghi di fermata che hanno segnato la via percorsa da ognuno di noi. A mio modo di vedere le pietre miliari delle nostre vite sono i momenti straordinari, nei quali siamo usciti da noi stessi e abbiamo avuto il coraggio e la determinazione di guardare altrove, di rischiare l'imprevisto e il non calcolato, di rompere abitudini e conformismi. Forse mio padre aveva ragione a non rimpiangere alcunché: molte delle sue scelte le aveva   prese rischiando per se e per tutti noi, compresa quella di migrare, già dipendente comunale,  dall'Abruzzo al Nord dopo aver vinto un concorso pubblico, con una camera da letto, un tavolo e quattro sedie. 

Guardare sempre altrove, uscire da sé ci raccomanda il filosofo Pietro Del Soldà nel suo ultimo libro.

Impresa ardua, oggi più che mai. Il tempo presente avvolge tutto, la logica del breve termine   ci spinge al consumismo compulsivo, a passare da una esperienza e da una relazione all'altra, a guardare tutto con fugacità sostando solo sulla superficie delle cose. Il "qui e ora"  dà il tempo alla nostra vita - un virus pericoloso quanto quello della solitudine  di cui abbiamo fatto cenno solo alcune settimane fa - che ci trattiene sul " breve termine"   adagiandoci su una ferialità abitudinaria, freneticamente in movimento ma in realtà fermi nella medesima posizione. La fissità, l'immobilità non sono la nostra postura: non siamo nati per essere mortali, siamo esseri "natali", moriamo e rinasciamo senza sosta, non siamo destinati al piccolo cabotaggio, siamo nati per stare sulla strada, in cammino

Avventura è la parola che interpreta meglio questa spiritualità della strada,   da non confondere con l' esperienzialismo fine a se stesso, vuoto e mai appagante, a due sole dimensioni come i post e le foto. Avventura è guardare altrove, fuori da sé, cercare la profondità e indagarla, sempre in compagnia e mai in competizione o in posizione da combattimento contro ciò che viene da fuori. 

La narrazione predominante assegna la dimensione avventurosa solo all' età  giovane: ma è proprio così? L'avventura non è una dimensione costitutiva della nostra umanità? E se è così, essa vale per tutte le stagioni della vita, e dunque anche per quella anziana. Avventurosi per continuare a scorgere l'altrove oltre la linea dell'orizzonte, con a disposizione una cassetta degli attrezzi forse più completa di quella che hanno i nostri figli, meno abituati di noi a soffermarsi sulle tracce di eternità disseminate nella vita quotidiana: una poesia, un viaggio, un brano musicale, un quadro, un incontro, una telefonata. Questa spiritualità a tre dimensioni ci fa abitare un presente generativo, ci aiuta a rileggere la  trama del nostro passato che non è un sentimento di triste nostalgia e ci proietta sul futuro   con sprazzi di luce inaspettati, rendendoci consapevoli di chi siamo davvero, e quali sono i  desideri più profondi che abbiamo coltivato e mai dimenticato.

Avventurosi anche nel nostro fare associazione: il passato nostalgico, il presente immobile preoccupato di preservare una posizione e che non lascia tracce alcuna, ci porta al lento morire. Noi sappiamo che la vita è più forte del conformismo, della retorica, delle frasi pompose. Insieme dunque, a caccia delle tracce di eternità che circondano la vita di ognuno di noi, sempre grati per la storia sin qui vissuta, e impegnati a cogliere i colpi di luce che ci paiono davanti: le intuizioni, le iniziative, i viaggi, il volontariato, i nostri seminari, la nostra amicizia. 

Vi lascio con un pensiero del centenario Edgard Morin (102 anni): "Vivere significa soprattutto avere relazioni umane, amare, meravigliarci, ribellarci... Vivere è sentire e sperimentare la poesia della vita, in comunione e in fervore. Per me il vero mistero è la vita, non la morte".

 

 

(Crediti fotografici: iStock.com/ Kar-Tr)

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