(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) "Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un "noi" aperto alla fraternità universale. Non possiamo perseguire solo la protezione di noi stessi, ma è l'ora di impegnarci tutti per la guarigione della nostra società e del nostro pianeta, creando le basi per un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato alla ricerca di un bene che sia davvero comune".
È un passaggio del messaggio di Papa Francesco per la 56 esima giornata mondiale per la pace. Un passaggio che illumina il percorso che stiamo per intraprendere all'avvio di questo anno; un percorso, ci siamo detti, "a cuore aperto".
Un tratto peculiare del "cuore aperto" è operare quotidianamente per costruire frammenti di pace ovunque sia possibile. Se parliamo di pace, cosa intendiamo dire? Andando davvero all'essenziale, si può dire che la pace è l'arte di animare relazioni amichevoli e cooperazioni durature nei luoghi in cui viviamo, il contrario della violenza verbale (a volte non solo verbale) che frantuma le comunità e strappa le tele di amicizia tessute faticosamente. Basta un attimo - la rabbia, il risentimento, la tentazione di una rivalsa a tutti i costi, un'allusione cattiva - per frantumare la pace, un "manufatto di porcellana", per usare una metafora, modellato e decorato con amore, nel tempo paziente e fedele. Bastano pochi secondi per ridurre tutto in mille pezzi, distruggendo in primis la fiducia tra le persone, un frutto prezioso della pace (il significato etimologico richiama il concetto di legame e del tendere una corda) che sta alla base della vita familiare, associativa e civile. Senza fiducia - e il saper meritare fiducia- si infragiliscono le fondamenta di una società civile pacifica e inclusiva: prevalgono il sospetto, la chiusura, la paura degli altri soprattutto se diversi da noi, e un presente senza futuro.
Da qui una prima raccomandazione di vita: gli artigiani di pace adottano lo stile del rammendo accurato, tanto accurato da non lasciare alcuna traccia. Il "fare associazione", e farlo a cuore aperto, nella gratuità e nel dono, è una scuola di artigianato di pace. Dobbiamo esserne orgogliosi.
Non basta. La pace rischia di essere fraintesa, può tramutarsi in quieto vivere, in un accomodamento esistenziale che evita intoppi e spiacevolezze. Non cerchiamo la pace indifferente che si volta dall'altra parte, ma la "pace attiva" che opera per la verità e la giustizia, sempre incuriosita da tutto ciò che esprime amicizia sociale, anche nelle imprese in cui siamo presenti e nelle quali le persone sono riconosciute come il capitale più prezioso. "Pace attiva" nelle nostre comunità ogniqualvolta si producono percorsi di condivisione e di progettazione con altre associazioni. "Pace attiva" nell'aiutarci reciprocamente a pensare politicamente, a districarci fra battute e controbattute in un confronto politico eternamente in conflitto: chi è all'opposizione si lascia andare in proposte irrealizzabili smentite quasi sempre una volta saliti al potere, e chi invece era al governo e ora all'opposizione spergiura che avrebbe fatto altro sapendo che probabilmente si sarebbe comportato allo stesso modo, perché, vale per entrambe le parti, la realtà è più consistente e più dura di uno slogan. Nei talk show ci troviamo davanti ad un palinsesto da "Scherzi a parte": di merito quasi nulla, la competizione sulle proposte che meglio possono servire il bene comune svanisce tanto da allontanare le persone da una cittadinanza matura.
I nostri incontri, la rivista Esperienza, la newsletter settimanale, i momenti di formazione ci aiutano ad essere artigiani di pace consapevoli, ad avere una strumentazione adeguata per scegliere sempre in coscienza e libertà.
(Crediti fotografici: iStock.com/ Anna Kim)
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