(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA)
"Lodato sii, mio Signore, per sorella nostra madre terra,
la quale ci sostenta e governa,
e produce diversi frutti, con fiori colorati e erba." (Cantico dei Cantici. Francesco d'Assisi).
Merito di Papa Francesco con l'Enciclica Laudato sì, nonché del continuo richiamo degli scienziati e dei risultati ottenuti dalla ricerca scientifica, se il Parlamento italiano, con consenso unanime, ha raggiunto un traguardo che pareva impensabile soltanto alcuni anni fa. Nell'articolo 9 della Costituzione è stato inserito "[La Repubblica]... tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali".
È fondamentale pure la modifica all'articolo 41 (disciplina l'iniziativa economica) laddove prevede che "L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all'ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali". Dunque l'ambiente, le biodiversità, gli ecosistemi sono un bene in sé, un bene comune che va tutelato, non più un bene sottostante le necessità primarie dell'uomo.
Ma proviamo ad entrare nella vita reale. Una parola che ci interpella quotidianamente, citata in ogni dove, è sostenibilità. Siamo da sempre innamorati delle parole, ci piace riconquistarle nei loro molteplici significati e nei diversi ambiti nei quali intervengono, sono importanti perché non sono mai neutre, diventano carne, scavano nella realtà e la modificano. Dicevamo sostenibilità: si va da quella ambientale che guarda alle fonti energetiche e a quelle rinnovabili, a quella etica, per esempio quando acquistiamo beni che prefigurano rapporti di sfruttamento delle maestranze locali in altri paesi; da quella aziendale che pratica il risparmio energetico, il riuso dei materiali e valorizza il capitale umano, all'ambito individuale nel quale abitudini e stili di vita sono divenuti tanto abitudinari da farci dimenticare che da anni riempiamo gli oceani di detriti che forse mai verranno smaltiti.
Ma ciò che manca alla parola sostenibilità (e noi di ANLA possiamo davvero fare tanto) è una visione culturale che renda tutti più consapevoli dell'interconnessione fra noi e tutto ciò che ci circonda, e dunque delle conseguenze trasversali e imprevedibili delle nostre azioni. Siamo noi stessi natura, viviamo in relazione con tutte le forme di vita e di non vita della terra. È un dato di realtà tanto dimenticato da costringerci a rivedere l'atteggiamento verso la natura per troppo tempo considerata mera fonte di risorse indispensabili al nostro benessere, da estrarre indefinitamente a nostro piacimento. Ma il nostro pianeta non è solo una " fonte di risorse", è anche la nostra casa, ad oggi l'unica.
Non immaginiamo un romantico ritorno alla vita dei boschi, un ecologismo velleitario, ma uno sforzo collettivo, una spiritualità nuova che abbandoni la logica estrattiva e scelga di introdurre in tutte le attività umane una circolarità generativa nella quale nulla va sprecato e, semmai, vieppiù rigenerato. "Amare quello che sarà" è sostenere una scelta ecologica fondata sulla creatività, sulla ricerca scientifica, su sentimenti più coraggiosi e meno impauriti. Le fragilità che giorno dopo giorno osserviamo nel cambiamento climatico se accudite anzitempo generano risorse inaspettate, nuove competenze, soluzioni innovative che consentono benessere e comunità più coese e solidali.
Non crediamo nelle magnifiche sorti e progressive di leopardiana memoria: un futuro ecologicamente e socialmente più sostenibile pretenderà cambiamenti incisivi, stili di vita più umani, modelli produttivi improntati non solo sulla logica dell'efficienza da consumo, ma sulla solidità, sulla durata degli oggetti e dei servizi prodotti. Correremo di meno, ma saremo più generativi nell'innescare processi di amicizia e di sostenibilità con tutto ciò che ci circonda.
Mi direte: ma noi adulti, "quelli venuti prima", la partita la giocheremo solo a bordo campo? E no! Noi continuiamo ad essere assettati di vita, e come ci ricorda Hannah Arendt non siamo nati per morire ma per "incominciare" ogni giorno con le nostre azioni. Noi siamo a bordo campo ad allenarci e ad allenare le generazioni più giovani. E siamo ben consci che non ci sarà pace senza giustizia, né giustizia senza rispetto per tutte le forme di vita presenti sulla terra. Quell'amore creaturale cantato da Francesco d'Assisi che da l'incipit a questa riflessione ha lo stesso respiro del verso che chiude la divina commedia di Dante Alighieri: "l'amor che muove il sole e l'altre stelle". Non è stupefacente?
Zaino in spalla. Noi lo sappiamo portare... perché siamo " venuti prima".
(Crediti fotografici: iStock.com/ Creative Thinking)
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