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10 febbraio, Giorno del Ricordo

(di Antonello Sacchi) Domani, venerdì 10 febbraio, in Italia si celebra il Giorno del Ricordo, istituito in base alla legge n. 92 del 30 marzo 2004. Nel motivo, il dramma di centinaia di migliaia di persone: "La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale". La data è significativa: in quel giorno del 1947 veniva siglato a Parigi il trattato di pace con cui si sanciva il passaggio dall'Italia alla Jugoslavia di Istria, Quarnaro, Zara e provincia, parte della Venezia Giulia. 

13 luglio 2020: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Presidente della Repubblica di Slovenia Borut Pahor depongono una corona di fiori presso la lastra di ferro che copre l'ingresso della foiba di Basovizza (Fonte: Quirinale.it) 

 

Nel nr. 1-2/2023 di Esperienza, in stampa in questi giorni, ne parliamo con lo scrittore Diego Zandel, figlio di esuli fiumani ed esule egli stesso, ora in libreria con il romanzo "Eredità colpevole", pubblicato da Voland, in cui riprende tematiche di quel periodo. Ecco un estratto dell'intervista.

Il Giorno del Ricordo quali sensazioni suscita in te?

È molto bello che lo Stato italiano lo celebri già dal 2004. Prima di quella data non si parlava di questo esodo, era un discorso quasi tabù, dimenticando che è stato il prezzo che l'Italia ha pagato per una guerra persa da tutti gli italiani. È sbagliato l'uso strumentale che alcuni ne fanno: secondo me è una pagina di storia nazionale, purtroppo di sconfitta, ed è il prezzo che l'Italia ha dovuto pagare alla Jugoslavia per i danni che l'esercito fascista aveva fatto negli anni dell'occupazione in una parte della Slovenia e della Dalmazia; come risarcimento l'Italia ha dovuto cedere queste terre. Gli unici a pagare di una guerra persa da tutti sono stati gli italiani che vivevano nella Venezia Giulia in quei territori passati alla Jugoslavia, di cui è rimasta italiana solo un'esigua parte della provincia di Trieste con l'unica cittadina istriana che è Muggia. Secondo me è un riconoscimento che l'Italia deve a queste popolazioni, ai morti che ci sono stati perché fra "infoibati" e scomparsi si parla di circa 5000 persone. La mia città, quella dei miei genitori, è Fiume: in base a una ricerca fatta dalla Società di studi fiumani e degli studiosi del Dipartimento di Storia dell'Università di Zagabria è risultato che dal 3 febbraio 1945, dal giorno in cui i partigiani di Tito sono entrati a Fiume, al 10 febbraio 1947 quando Fiume e tutta l'Istria, per effetto del Trattato di Pace firmato a Parigi, sono passate alla Jugoslavia, solo in questa città sono scomparse circa 600 persone. Parliamo poi di un esodo che ha interessato circa 300.000 istriani che in Italia sono stati dislocati in 109 campi profughi. In uno di questi, quello di Servigliano, sono nato io nel 1948. Come scrittore ho parlato molte volte nei miei libri dei due campi-profughi che ho conosciuto, prima quello dove sono nato e poi il villaggio giuliano-dalmata di Roma, che era in origine costituito dai dormitori degli operai che hanno costruito l'EUR. L'11 febbraio di quest'anno ho l'onore di ricevere dal Comune di Servigliano la cittadinanza onoraria: loro onorano il Giorno del Ricordo conferendomi questo riconoscimento. Appartengo alla "seconda generazione": la prima, quella dei miei genitori, è costituita dagli esuli veri e propri, la mia è quella dei loro figli ed io, essendo nato in un campo profugo ho la qualifica di esule. Chi può ancora raccontare queste cose? Siamo noi gli ultimi testimoni viventi.

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